BORGOGNISSANTI
GUARDANDO IL 2017 DALL’OSSERVATORIO
Caro direttore, come ogni anno a dicembre ognuno fa il bilancio dell’anno appena trascorso. Io compirò 67 anni il prossimo febbraio (un «senior», come dice mia figlia): sono nel pieno della maturità e nel tempo mi sono vaccinato contro l’ingratitudine. Così osservo tante amicizie opportunistiche che stanno in piedi soltanto per tornaconto: chi subisce un tracollo di popolarità è spesso destinato alla solitudine. I legami incentrati sugli affari non perseguono legami d’affetto, ma solo il conseguimento di qualche vantaggio. Non appena si appanna il «tocco magico», l’amico opportunista svanisce come neve al sole. Per me, come presidente della Associazione Borgognissanti, quest’anno è però un anno speciale: festeggiamo i dieci anni di questa fantastica esperienza. Insieme ai miei instancabili collaboratori abbiamo reso Borgognissanti una delle più vive realtà cittadine, senza contare poi i tanti successi per eventi e manifestazioni. Che cosa c’è dunque da aspettarsi dal 2017?
Dal mio osservatorio di strada ho notato un clima che non mi piace, un clima di aspre contrapposizioni. In alcune realtà si respira un’aria d’intolleranza verso il prossimo. Non si ascolta né si rispetta l’altro: impera sempre di più un analfabetismo etico. Sta tornando una sorta di egoismo individuale dove l’«io» più diventa potente più si impoverisce e quasi si fa evanescente l’immagine del vicino. I nostri commercianti e residenti abitano e occupano uno spazio fisico: ma quanti di loro oggi lo vivono come un luogo dove radicarsi, dove creare familiarità? Vicini dunque, ma estranei. Una considerazione che vale sia per i residenti che per i negozianti. Molti pensano che questa perdita di contatti la si possa compensare relazionandoci con il web: ma è solo un approccio virtuale. Vuole dire che comunichiamo con un mondo di fantasmi!
Per il 2017 cerchiamo allora, e lo dico soprattutto a tutti i Centri Commerciali Naturali di Firenze, di ricreare intorno a noi un clima di «comunità». Norme, regole e comitati etici non bastano più: dobbiamo insieme riuscire a ricreare gradualmente quel senso di rispetto per l’altro che sembra perduto. Ma da dove ricominciare? Io direi che bisogna farlo partendo da quel mondo di ragazzi e ragazze di cui ogni giorno percepisco e condivido angosce e speranze. Giovani spesso senza lavoro, costretti a rimanere in famiglia fino a 35 anni o ad andare all’estero, con un reddito molto basso e con un livello di istruzione limitato, ma spesso con una conoscenza dell’inglese notevole e una rete di contatti, grazie ai social, che le generazioni precedenti neppure si immaginavano. Sono ragazzi semplici, non ideologici, che provano a cambiare il mondo partendo dalla scelte private, per lo più lontani dalla politica, ma che amano condividere le loro esperienze, facendolo in modo veloce con la rete e la sharing economy.
Per tutto questo c’è da rivolgere un invito ai «capitani d’industria» fiorentini: il «made in Firenze» non è uno stato d’animo, è cultura! Avete ricevuto una eredità che nessuna altra città al mondo possiede: riproducetela, trasmettetela, tutelatela. Apritevi ai nostri giovani, date loro la possibilità di un lavoro certo e sarete ricambiati. In gratitudine. Da loro e da tutta la città.