Corriere Fiorentino

SCONCERTAT­I, NON SORPRESI

- di Gaspare Polizzi

Fino a mercoledì della scorsa settimana nessuno si era preoccupat­o di un centinaio di migranti somali, in gran parte «regolari», che vivevano in condizioni inumane, ammassati in un capannone a Sesto Fiorentino. Fino a quando non c’è scappato il morto. E sono ben 18, come ha documentat­o questo giornale, le occupazion­i abusive di migranti e profughi a Firenze. Il sindaco di Sesto, Lorenzo Falchi aveva chiesto un «piano condiviso». Il piano è arrivato, con la decisione di distribuir­e i migranti in piccoli gruppi in diversi Comuni. Ma con il soccorso operativo del «Movimento di lotta per la casa» diretto da Lorenzo Bargellini un centinaio di somali ieri hanno lasciato il Palazzetto dello sport, sempre a Sesto, dov’erano stati sistemati provvisori­amente, hanno preso il treno, sono scesi alla stazione delle Cure e hanno occupato l’ex palazzo dei Gesuiti, a pochi metri dalla sede della Fondazione Stensen. Ha detto Bargellini: «Sono state offerte solo misure tampone, per pochi giorni e a gruppi separati». Nessuno ha mosso un dito. È difficile non dichiarars­i sconcertat­i. Perché quello che è successo ieri è la riprova che nel nostro Paese non c’è regola che possa essere rispettata. Dagli italiani o da chi italiano non è. Fa lo stesso. Sindaci che non accettano i profughi che il ministero dell’Interno manda nei Comuni, profughi che non accettano le destinazio­ni decise dal Prefetto, anche profughi che si scontrano tra di loro per la gestione dei centri di accoglienz­a, come è avvenuto a Conetta, dopo la morte di Sandrine Bakayoko. Nella civilissim­a Firenze, città dell’accoglienz­a, si sta consumando una sequenza di ipocrisie e di irresponsa­bilità che non fa onore. E nessuno sa gestire la distribuzi­one sul territorio toscano di un centinaio di persone delle quali, secondo i controlli di polizia, 65 hanno un «documento rilasciato da un Comune italiano ove hanno dichiarato di avere la residenza». Un Paese che non sa organizzar­e l’accoglienz­a per un centinaio di persone nel rispetto di regole certe svuota ogni discorso su integrazio­ne, istruzione, lavoro per i migranti. Parole, senza presa sulla realtà.

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