E la mossa del «capo Lorenzo» tolse le castagne dal fuoco...
Il blitz annunciato di Bargellini e il rebus per istituzioni e forze dell’ordine
E alla fine, dopo cinque giorni di braccio di ferro, con un blitz annunciato ma che è riuscito comunque a cogliere tutti di sorpresa, è stato Lorenzo Bargellini a trovare la via di uscita più rapida e indolore. Per i somali che non ne volevano sapere di essere sparpagliati tra i vari Comuni della provincia fiorentina ma soprattutto non volevano un alloggio legato all’emergenza freddo; per gli amministratori dell’hinterland che dopo cinque giorni di consultazioni, dichiarazioni, riunioni, non sono stati capaci di offrire soluzioni; per il sindaco di Sesto che si è liberato in un colpo solo di 102 immigrati ed è ritornato in possesso del palazzetto dello sport trasformato da giovedì in un centro di accoglienza; per le forze dell’ordine, sollevate dal peso di uno sgombero difficile.
Il tira e molla tra somali e istituzioni era iniziato la notte stessa del dramma quando le fiamme nell’ex capannone Aiazzone di Sesto non erano ancora state spente. Nel momento in cui i medici del 118 tentavano di rianimare Ali Muse, il somalo di 44 anni che ha perso la vita nel rogo del capannone dormitorio, il leader del Movimento di lotta per la casa, con la sua squadra di pronto intervento, era già arrivato a Sesto tra gli sfollati e aveva già iniziato a battere i pugni. «Dovete stare uniti, stanotte non accettate di andare da nessuna parte», era stato il passaparola che in pochi minuti aveva fatto il giro di tutti i 102 immigrati, seduti per terra davanti all’incendio che aveva divorato quella che fino a qualche minuto prima era la loro casa.
E quando il sindaco di Sesto Lorenzo Falchi era arrivato in via Avogadro e aveva proposto ai residenti della fabbrica abbandonata il trasferimento al palazzetto almeno per quella notte, loro, i somali, non avevano fatto altro che ubbidire a Lorenzo. E chi è Lorenzo? hanno chiesto alcuni soccorritori ai poveri immigrati che tentavano di ripararsi dalle temperature sottozero con le coperte della Protezione civile. «È il mio capo» è stata la risposta. E così Lorenzo, anche nei giorni successivi, ha continuato a dirigere i «lavori»: al palazzetto sì ma solo per qualche giorno, no case a tempo, sì se restano tutti uniti. È stato sempre lui a ideare il raid alla mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi. E quando giovedì Falchi ha proposto la soluzione provvisoria — due giorni al palazzetto di Sesto, poi gli altri Comuni troveranno la soluzione — Bargellini già sapeva che tutto si sarebbe concluso con un nulla di fatto. «Ci toccherà tornare ad occupare» aveva detto. Stessa frase ripetuta sabato mattina davanti alla Prefettura, quando i sindaci sono fuggiti via dal retro del palazzo mentre i somali manifestavano con toni accesi, specie dopo la carica di alleggerimento decisa di fronte al tentativo di sfondare il cordone delle forze dell’ordine per partecipare al vertice. Ore di trattative tra sindaci davanti al prefetto hanno portato a una mezza soluzione: immigrati smistati in più Comuni, un’assistenza per pochi mesi. Così lunedì i somali hanno cambiato musica: «Restiamo al palazzetto». A quel punto è arrivato l’ultimatum degli amministratori di Sesto: «Il palazzetto deve essere liberato altrimenti usiamo la forza». Alla fine Lorenzo Bargellini, il «capo dei somali», ha trovato la soluzione che mette tutti d’accordo: quel palazzo dei gesuiti vuoto (o quasi) da anni. «Vediamo se hanno il coraggio di sgomberarci dopo le parole del Papa sull’accoglienza».
Protagonista Dall’irruzione a Palazzo Strozzi al rifiuto dell’accoglienza diffusa, il regista è sempre Bargellini, leader del Movimento di lotta per la casa