ELIO FA L’OPERA DA VERDI A PUCCINI
Al Niccolini la prima nazionale del suo nuovo spettacolo con Francesco Micheli Dal 31 gennaio al 12 febbraio: musica e narrazione, con tanti aneddoti curiosi «È un cantiere aperto, il nostro calcestruzzo è la nostalgia per la perdita dei maestri»
In tre su un palco scarno ed essenziale: un regista e divulgatore d’opera, Francesco Micheli che ne è l’autore; un pianista, Simone Soldati; e un cantante: Elio di Elio e le Storie Tese. Intorno i giovani allievi della Fondazione Pavarotti. Parlano, cantano, suonano, raccontano, inventano. «Costruiamo» dal nulla, una «casa di storie e note che ha come protagonista l’Opera e i suoi cinque grandi padri» Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, più il compositore contemporaneo Nicola Campogrande. Usano il termine «costruire perché — spiegano Micheli e Elio — ancora non sappiamo bene cos’è questa cosa, l messa in scena di una prova aperta, con dentro momenti da match di improvvisazione teatrale, aneddoti, arie, pezzi di Elio e le Storie Tese, brani di letteratura. È un cantiere aperto, il nostro calcestruzzo è la nostalgia per la perdita dei maestri e noi siamo operai... all’Opera».
Titolo, appunto: Cantiere Opera. Serie di spettacoli che vedremo in prima nazionale al Teatro Niccolini dal 31 gennaio al 12 febbraio a coppie di rappresentazioni, ognuna delle quali dedicata a uno dei sei compositori. La sesta e ultima coppia racconta il «making of» di un’opera ancora in gestazione: il De Bello Gallico di Nicola Campogrande su libretto di Piero Bodrato scritta espressamente per Elio che da 18 anni si sta «lentamente ma inesorabilmente appassionando a questo genere». Lui che nasce flautista di Conservatorio, poi diventato rocker e narratore di storie surreali e comiche con le sue Storie Tese. E da tempo è tornato ai suoi vecchi amori classici, dove ha portato la sua verve ironica di mattatore.
«Se con l’operazione del trio Il Volo stanno cercando di avvicinare le nuove generazioni all’opera — commenta Campogrande — forse non si rendono conto che non basta riprodurre il “suono” dell’opera per far capire cos’è l’opera, ma è necessario entrarne nell’anima». Ed è ciò che tenta di fare questa originale operazione
dove Rossini viene accostato a Kubrick e il suo Barbiere di Siviglia ad Arancia Meccanica, Bellini è una pop-star tombeur des femmes, Puccini il padre della filosofia visiva-narrativa della futura Hollywood.
«L’errore che commettiamo spesso è quella di considerare Verdi e gli altri come delle statue, lontani e intoccabili, inarrivabili, invece di vederli come uomini con i loro problemi, sfide e trascorsi — conclude Elio — Se Verdi si è portato fino alla morte la lettera con cui il Conservatorio che oggi porta il suo nome gli aveva comunicato di non poterlo ammettere, provate solo a immaginare la carica di rivalsa che deve essersi portato dentro per tutta la vita».