DUE PIAZZE DA RICONQUISTARE
Le lettere dei fiorentini, l’intervento del sindaco. Ai Ciompi si parte, ma dai marciapiedi
Abbiamo tolto il coperchio dalla pentola delle piazze fiorentine. Lettere, consensi, contestazioni. Al ritorno da Israele, anche il sindaco ne ha parlato a Lady Radio. È già un risultato. Chi frequenta l’Oltrarno o Sant’Ambrogio ha potuto osservare giorno dopo giorno l’avvilente abbandono in cui versano piazza del Carmine e piazza dei Ciompi, svuotate (la prima dalle auto, la seconda dalle baracche dei rigattieri) e poi consegnate al nulla.
Gentile direttore, con la presente in nome per conto del signor Luciano Fiaschi titolare dello stand n. 10 della ex piazza dei Ciompi, Le chiedo la seguente rettifica dell’articolo apparso sul Corriere Fiorentino di domenica 15 gennaio dal titolo «Quei pomodori verdi nel deserto dei Ciompi». In particolare non è veritiera la parte finale dell’articolo nella quale si legge la frase «I rigattieri che hanno scaricato sul Comune e sui cittadini la bonifica dei tetti di amianto delle loro baracche saranno in grado di pagare le strutture fisse belle e dignitose previste nel piano di recupero?» Le faccio presente che le «baracche» (termine usato in senso dispregiativo) non sono di proprietà privata, ma comunale, e che i «rigattieri» non hanno «scaricato» (termini anche questi utilizzati con una connotazione negativa) sul Comune e sui cittadini la bonifica dei tetti di amianto. Ciò in quanto con delibera della giunta comunale di Firenze n. 3833/2451 del 22 novembre 1968, con la quale, a seguito di un incendio che all’epoca aveva danneggiato il mercato di piazza dei Ciompi l’amministrazione comunale aveva disposto a propria cura e spese la ricostruzione delle strutture mercuriali colpite dall’incendio (delibera che Le unisco in copia) è stata riconosciuta dal Comune, in sintesi, la natura pubblica delle strutture e quindi l’obbligo del Comune di sostenere le spese per la bonifica dell’amianto. Coerentemente l’ordinanza 2015/348 del 2 dicembre 2015 mediante la quale il Comune aveva ordinato la bonifica del cemento amianto con spese a carico dei privati, è stata impugnata dal mio assistito con ricorso straordinario al capo dello stato notificato in data 30 marzo 2016 (che pure Le unisco in copia). In sintesi le strutture di vendita degli antiquari già collocate in piazza dei Ciompi sono da considerarsi Comunali giusta delibera della giunta comunale di Firenze n. 3833 2451 del 22 novembre 1968 con la quale, a seguito di un incendio che, all’epoca, aveva danneggiato il mercato di piazza dei Ciompi, l’amministrazione comunale aveva disposto, a propria cura e spese, la ricostruzione delle strutture mercuriali colpite dall’incendio. Gli antiquari hanno quindi impugnato in via amministrativa l’ordinanza del Comune che ha loro imposto di pagare le spese per la bonifica del cemento amianto delle strutture. Il Comune ha avuto poi la possibilità di accedere a finanziamenti regionali per la riqualificazione di piazza dei Ciompi, e dopo un anno nulla ancora è successo: i lavori sono fermi, i soldi sono stati erogati? E che fine hanno fatto?
Caro direttore, ho appena letto il suo articolo sulla «piazzite» («La beffa dell’acero», Corriere Fiorentino del 18 gennaio) con cui ha analizzato perfettamente il quadro delle situazioni Carmine-Ciompi, afflitte dallo stesso male. Mi permetto di condividere con lei un paio di osservazioni in quanto, come residente del centro storico e dell’Oltrarno, sento molto urgente la necessità di intervenire, come percepisco sempre più incompetenza da parte di chi dovrebbe intervenire. Per i Ciompi sottoscrivo la sua ipotesi: trasferendo il mercato nella tendopoli Arrigoni l’amministrazione ha ottenuto il risultato di distruggere due piazze. Si ristabilisca la promenade di piccole botteghe di antiquari nel numero pre-demolizioni sulle stesse linee semplici ed elementari che avevano, affidandone la progettazione a tecnici comunali (tanto bravi così come tanto sottoutilizzati): e si dilazionino le spese di realizzazione con degli affitti calmierati per gli operatori chi vogliono rientrarvi (per i fondi si usino i 30 milioni/anno della tassa di soggiorno pagati dai turisti, penso siano sufficienti).
Per piazza del Carmine la situazione è più complessa. Il lavoro dei comitati cittadini è encomiabile ma va a sovraprogettare uno spazio che ha la sua bellezza nella sua forma attuale ed anche nei suoi ampi spazi liberi (non dimentichiamo che la piazza è chiusa in uno dei 4 angoli e per questo non c’è attraversamento). E purtroppo per noi, non siamo a Berlino o Barcellona: qui abbiamo Nardella, Bettarini e la Sovrintendenza, non proprio il massimo dell’apertura a coraggiose trasformazioni urbane (chiusura che ha provocato la piazzite).
Credo che le energie dell’amministrazione e dei suoi tecnici (tanto bravi quanto sottoutilizzati) andrebbero impiegate per un bando destinato ad una attività di aggregaMercato
Caro direttore, io a due passi da piazza dei Ciompi ci ho abitato negli anni cinquanta e per noi era l’ombelico di Firenze. Certi innovatori sono peggio dell’amianto.
zione sociale diurna che potrebbe trovare posto nell’area pedonale o su uno dei due lati della piazza stessa che restano desolati durante il giorno. In piazza manca semplicemente un bar, un posto che possa presidiare nelle ore diurne una possibile area giochi per bambini e panchine magari ombreggiate da qualche albero.
Purtroppo le uniche attività presenti in piazza sono (giustamente) ignorate dai residenti: i locali sono aperti solo la sera e attraggono automobilisti. I veri potenziali frequentatori della piazza sono tutti quelli che la attraversano la mattina a piedi o in bici, gli studenti grandi e piccoli che ne frequentano le scuole nella vicinanze ed i tanti residenti dell’Oltrarno che sono tutto tranne che clienti di ristoranti stellati (e notturni) o di un locale notturno che apre alle 20 per l’aperitivo. In pratica quello che c’era per i Ciompi ed un bar (con apertura diurna) per il Carmine: è forse troppo semplice? Alberto Morselli
Caro direttore, facendo riferimento al suo articolo sulle piazze vorrei farle capire che la situazione è fortunatamente diversa da quella da lei descritta. Infatti:
1. La maggioranza dei rigattieri hanno già espresso al Sindaco la loro volontà di restare in largo Annigoni, purché in strutture adeguate, visto che la nuova ubicazione sul parcheggio pubblico e la vicinanza al di Sant’Ambrogio porta loro adesso più clienti di prima.
2. Nelle intenzioni dell’Amministrazione comunale e delle migliaia di voci di cittadini e residenti che hanno espresso liberamente il loro punto di vista, non dovrebbe esserci il desiderio di lasciare un grande vuoto, bensì un giardino aperto durante il giorno e chiuso la notte, alberi di aranci amari sul perimetro che sarebbe destinato ad attività mercatali periodiche, mai legate allo “street food”. Si tratterebbe cioè di mercatini antiquari, mercati florovivaistici, collezionismo eccetera.
Può comunque chiedere maggiori ragguagli direttamente all’Amministrazione Comunale. Architetto Guido Ciompi
Giuliano
Caro direttore, le scrivo perché vorrei partecipare alla discussione sull’idea di Oltrarno, inteso come Santo Spirito e San Frediano, che si sta diffondendo nell’opinione pubblica, tentando di dare una mia spiegazione in merito alla situazione in cui ci troviamo.
Innanzitutto credo che si debba differenziare chi in Oltrarno ci è nato (o ci abita da svariati decenni) e chi ci è arrivato diciamo dagli anni 2000 in poi. Perché questa distinzione? Perché chi ci è arrivato più di recente si è «invaghito» di un rione, del suo essere «popolare», della sua unicità, ma spesso non ne tollera i difetti. Io in Santo Spirito ci sono nata nel 1979 e ci vivo tuttora; sotto casa avevo i «tossici» e le mamme e le nonne ci dicevano di non mettere le mani nei cespugli né in piazza Santo Spirito né in Boboli perché c’erano le siringhe e di «scansare» alcune strade più buie e meno attraversate. I cosiddetti «tossici» poi alla fine erano sempre gli stessi: fratelli di conoscenti, cugini dei compagni di scuola, insomma volti noti che non facevano così paura neanche ad una bambina di 10 anni. Nei primi anni ‘90 arriva la Ztl e a parte le prime perplessità tutto bene, i commercianti non si lamentavano, non c’era la crisi, erano anni di benessere.
Oggi molto è cambiato: i «tossici» degli anni ‘80/’90 non ci sono più, magari ce ne sono di altro tipo che si mimetizzano più facilmente; i commercianti danno la colpa alla Ztl se sono costretti a chiudere, ma coloro che chiedono il cambiamento degli orari della Ztl non sono i cosiddetti «negozi di prossimità» cioè la pizzicheria, il fornaio, la cartoleria, il bar, la lavanderia che «servono» gli abitanti del quartiere. Sono bensì i «nuovi commercianti», quelli che si sono invaghiti (come i nuovi residenti) dell’aria bohémien dell’Oltrarno, i ristoranti, i wine bar, i locali aperti la sera e che si rivolgono ad una clientela che arriva dal resto della città e da tutta l’area metropolitana (tutti questi imprenditori però vorrei ricordare che hanno scelto di aprire le proprie attività in una zona all’interno della Ztl e che aveva già da decenni orari e limitazioni).
Ad oggi la scelta da fare credo sia relativamente semplice: che visione abbiamo dell’Oltrarno tra 20 anni? O meglio che visione ha la nostra amministrazione dell’Oltrarno e della nostra città tra 20 anni? A me piacerebbe che Santo Spirito e San Frediano tornassero a essere quartieri abitati da cittadini che li vivono (e non pieni di appartamenti affittati ad uso e consumo di un turismo mordi e fuggi), ma per riuscirci bisognerebbe permettere a nuove giovani coppie e future famiglie di acquistarvi appartamenti, prenderne in affitto, far tornare dei «veri residenti», cosa che oggi è molto difficile. Oggi scegliere di vivere in centro per una famiglia comporta sacrifici; un esempio su tutti: per chi come me ha figli piccoli per trovare una piscina o un campo da calcio bisogna prendere l’auto e spesso si deve tentare di tornare prima che arrivino a parcheggiare gli avventori di ristoranti e pizzerie, poco importa se io ho il permesso e loro no.
La mia paura è che la grande passione che ha portato così tanta attenzione sul nostro quartiere sia poi la causa del suo snaturamento. Alla lunga credo che le «città Disneyland» finiranno per stufare i cittadini ed anche i turisti. Quindi ben vengano parcheggi fuori dalle mura; piazze pedonalizzate dove vengono fatte attività culturali, commerciali, ricreative (compensando però realmente i posti auto tolti ai residenti); Ztl 24 su 24 che ricalchi il perimetro delle mura ma con mezzi di trasporto pubblico ecologici, frequenti ed efficienti anche la sera; rispetto delle regole di giorno e di notte: chi le infrange deve avere la certezza di essere punito (vedi sosta selvaggia) per la buona e rispettosa convivenza di residenti, commercianti e cittadini che vogliono godersi questa parte di Firenze. Veronica Sani
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