Corriere Fiorentino

San Gervasio, due vite. E un’opera da recuperare

In un libro la lunga storia della chiesa e del dipinto del ‘500 che ha bisogno di restauro

- Mauro Bonciani

Parlare di una chiesa e di una opera d’arte che si trova al suo interno e ha bisogno di restauro, per parlare di un quartiere e della sua storia.

Ieri sera nella chiesa parrocchia­le di San Gervasio e Protasio è stato presentato il libro San Gervasio, una chiesa e un quartiere, edizioni Mandragora, e la necessità del restauro de «La moltiplica­zione dei pani e dei pesci». E la comunità si è stretta attorno al parroco don Alessandro Berlincion­i, riscoprend­o anche la sua identità. Tutto nacque da un bivio, racconta Maurizio Naldini, dell’antica Cassia che ai tempi dei romani portava verso Compiobbi e da cui partiva la strada verso Fiesole, bivio che si trovava appunto a San Gervasio. La leggenda e la devozione popolare circonda la nascita del piccolo oratorio-chiesa, attribuita a Sant’Ambrogio nel 395, ma la chiesa è nominata per la prima volta dopo il Mille e per il suo essere di frontiera ha attraversa­to molte vicissitud­ine come il piccolo borgo che le nacque attorno, tra San Salvi e Le Cure.

Così non solo della antica chiesa romanica non rimane nulla, ma l’edificio fu mezzo abbattuto quando i fiorentini fecero tabula rosa fuori dalla mura durante l’assedio mediceo del 1529-30, fu rifatta a fine Cinquecent­o, altri interventi si ebbero, per volontà dei Lorena, nel 1744 e nel 1799, fu devastata, come mezzo rione, dall’esplosione del deposito militare di munizioni esistente in zona il 10 agosto 1920 che fece 11 morti (molto prima, per Firenze capitale del Regno d’Italia il quartiere, i suoi 5.000 abitanti, la chiesa, erano passati dal territorio di Fiesole a quello di Firenze) schivò le distruzion­e del Campo di Marte durate i bombardame­nti allerti nella seconda guerra mondiale e nel 1957, per decisione del parroco Pio Carlo Poggi, l’architetto Lando Bartoli la ricostruì com’è adesso, inglobando­ne all’interno parte della vecchia costruzion­e tanto che la base dell’antico campanile fu inserita nella moderna muratura. In tutto questo trambusto il quadro di Santi di Tito del 1592 è rimasto al suo posto ma adesso ha bisogno di un robusto restauro, per il quale nella parrocchia si è formato anche un comitato di raccolta fondi. Così da riportare in salute, come dice don Alessandro, il «malato».

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Ieri e oggi La chiesa di San Gervasio com’era e com’è oggi. La nuova struttura ha inglobato la precedente, campanile compreso
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