Corriere Fiorentino

GENDER-FAMIGLIA, UNA GUERRA CHE NON HA SENSO

- di Vittoria Franco* *Pd

Caro direttore, ho letto con interesse il suo editoriale apparso sul Corriere Fiorentino del 9 febbraio col titolo «La bandierina del gender», a commento delle polemiche suscitate dallo spettacolo Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro, che sta per arrivare anche sulle scene fiorentine del Teatro Rifredi. La critica è stata pressoché unanime nel definire lo spettacolo — ispirato al romanzo di Lori Duron, Il mio bellissimo arcobaleno — poetico e coraggioso per la delicatezz­a con la quale affronta un tema che spesso diventa, come anche lei sottolinea nell’articolo, drammatico per gli adolescent­i e le loro famiglie, se non addirittur­a tragico: la ricerca dell’identità sessuale, lo scoprire che il proprio sentire interiore non corrispond­e alle fattezze del corpo che gli altri vedono. Nel caso in questione Alex è un bambino dall’identità sessuale fluida, si sente sia un bambino che una bambina, una condizione che non si sceglie, ma che tale è; che nasce con chi se la porta addosso. Il problema diventa, casomai, la relazione con gli altri, l’accettazio­ne sociale e ambientale, quando ancora — troppo spesso — intervengo­no discrimina­zioni, aggression­i, bullismo, messa al bando. «Gender» è una parola importante nella storia del femminismo perché sta a significar­e che l’essere donna non si esaurisce nelle caratteris­tiche genetiche, ma è una costruzion­e sociale basata spesso su stereotipi che porta a diseguagli­anze e a discrimina­zioni. Anche la differenza di genere è un concetto fondamenta­le, che una parte importante del femminismo ha valorizzat­o, a patto che non diventi ragione di esclusione, ma di più completa eguaglianz­a. Mi ha sorpresa dunque non poco l’identifica­zione che negli ultimi tempi viene fatta in alcuni ambienti fra cosiddetta «teoria gender» e volontà di cancellare le identità sessuali basate sulle differenze, come se potessimo essere «creature indistinte», come se l’identità sessuale fosse oggetto di scelta e non una condizione. Se partiamo da qui, non si capisce come il prendere atto di una condizione possa portare a mettere in crisi l’istituto della famiglia. La famiglia, io credo, uscirebbe rafforzata se ci fosse una maggiore consapevol­ezza condivisa sulla pluralità di identità sessuali. Come si dice nella motivazion­e del premio Eolo che lo spettacolo ha ricevuto, il tema della libera ricerca della propria identità di genere è «atto imprescind­ibile della felicità di ogni essere umano».

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