Corriere Fiorentino

Il maestro suona e le piante crescono meglio

Il popolare maestro al Polo Scientific­o di Sesto per le ricerche sulle sensibilit­à del mondo vegetale

- di L. Baracchi e E. Lusena

C’è una strana coppia al Polo scientific­o dell’Università di Firenze: accanto al professor Stefano Mancuso, da 15 anni impegnato sul fronte dell’intelligen­za dei vegetali, c’è Beppe Vessicchio. Ed è stato proprio lo storico maestro dell’orchestra di Sanremo — che in Salento ha sperimenta­to la musica sui pomodori — a volere l’incontro. Un pomeriggio insieme in cui hanno lavorato sulla reazione dei vini alle note classiche e moderne.

«Buongiorno, sono Peppe Vessicchio e mi occupo di musica». Il professore dell’Università di Firenze, tra i massimi esperti al mondo nel campo della neurobiolo­gia vegetale non ha potuto che rispondere con un «sono Stefano Mancuso e mi occupo di piante».

È iniziata così la collaboraz­ione tra l’acclamato direttore d’orchestra del festival di Sanremo e il direttore del primo e più importante laboratori­o internazio­nale di neurobiolo­gia vegetale che si sono ritrovati ieri al polo scientific­o di Sesto Fiorentino. E hanno fatto ascoltare musica a del vino rosso. «La ricerca scientific­a deve basarsi su un metodo rigoroso, non deve avere preconcett­i», spiega Mancuso che lavora da più di 15 anni sull’intelligen­za del mondo vegetale, da quando l’argomento nel mondo scientific­o era un tabù. Per lui e la sua squadra di ricercator­i è ormai cosa nota che le piante riescano a percepire alcune frequenze nei brani musicali, armonie speciali come quelle di Mozart che hanno allietato per cinque anni una vigna di Montalcino dove i grappoli d’uva maturavano prima e dove le viti erano meno soggette a malattie. Un’esperienza simile è quella che il maestro Vessicchio ha fatto nelle serre del Salento dove pomodori, melanzane e zucchine crescono più in fretta e senza bisogno di fitofarmac­i, grazie a Mozart e non solo: «Quel che conta è l’armonia del componimen­to, la condotta delle parti, come si dice in gergo, vorrei dimostrare che la risposta delle piante non nasce solo dalla musica classica e non tutta la musica classica va bene, può funzionare anche la musica pop e rock che utilizza lo stesso procedimen­to musicale. Non c’è motivo di pensare che la natura sia ‘classista’ nei confronti della musica», spiega il maestro che dal lavoro sulle musiche che piacciono alle piante ha scritto un libro La musica fa crescere i pomodori, appunto, e ha confeziona­to un cd Parenti latini, «che se non piace può sempre essere usato come fertilizza­nte per le piante», scherza lui. Tra un aneddoto sanremese su Elio e le Storie Tese e un commento su Justin Timberlake nel laboratori­o di Sesto ieri si è dato intanto il via ad alcuni esperiment­i che serviranno a studiare come le piante interagisc­ono con la musica. Ma il «trattament­o» a suon di Beethoven, Mozart e ritmi pop è stato riservato prima al vino, distribuit­o in diversi barattoli e messo in contatto con diverse musiche di un Iphone. «L’idea è vedere se l’esposizion­e alle fre- quenze sonore possa cambiare l’aroma del vino», spiega Mancuso. L’analisi degli elementi volatili non è cosa che si fa in un pomeriggio, ma a fine giornata una differenza sembrerebb­e già esserci tra il vino che «ha sentito» la musica e quello rimasto «in silenzio».

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Stefano Mancuso con Beppe Vessicchio nel laboratori­o del Polo scientific­o di Sesto

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