«Gabbani dadaista»
Il filosofo Gianni Vattimo: il testo vincitore di Sanremo? Geniale, ci ha smascherato
Non basta che il video conti su Youtube quasi 30 milioni di visualizzazioni. Nemmeno le mille esegesi colte che si sono succedute: chi chiama in causa Desmond Morris, chi Eraclito. Non è sufficiente il profluvio di riferimenti gabbaniani che «usano» i versi di Occidentali’s Karma per commentare qualsiasi cosa come lo strafottente Democratic’s Karma di Beppe Grillo sul congresso Pd. Ci si mettono anche le parodie a suggellare il successo di un fenomeno di emulazione con pochi eguali, che travalica i confini della canzonetta. L’ultima, quella del cantante e cabarettista livornese Leonardo Fiaschi: Occidentali’s Mamma. In migliaia a sbellicarsi dalle risate.
Tra i primi a sottolineare l’eccezionalità del fenomeno sanremese di Francesco Gabbani è stato lei, professor Gianni Vattimo. Come è stato folgorato da questa canzone?
«Non c’è nulla da fare, ti stimola, questa canzone ti incalza. E ti porta a produrre tu stesso i giochi di parole. Non mi stupisce che sia diventata virale. Anzi, di più, un fenomeno di costume. Massimo Giannini su Rainews ha saccheggiato Occidentali’s Karma per commentare il congresso del Pd, parlando di “Renzi’s Karma” e di Beppe Grillo come unica scimmia nuda rimasta a ballare; io all’ora della medicina mi sono ritrovato a canticchiare Occidentali’s Pharma... Diciamolo: Gabbani è stato geniale».
Professore, allora anche lei si è… «gabbanizzato»?
«E dire che non seguivo Sanremo da… quando è stata l’ultima volta di Modugno?». Nel 1974. «Ecco, appunto». Gabbani sta macinando record, consensi, parodie, citazioni. È un ciclone. Ha dichiarato di essere «sbiancato» quando lei ha detto che quella canzone avrebbe potuta scriverla Umberto Eco.
«Ho evocato lo spirito maestro di Eco perché mi ha ricordato il suo modo, la sua esigenza, di far convivere contenuti alti nel discorso quotidiano. È un atteggiamento presente in tutti i suoi romanzi a iniziare da Il nome della rosa, dove la poetica di Aristotele si accompagna al romanzo giallo. Non credo che Eco avesse una particolare familiarità con la cultura indiana ma era il suo modo di fare le cose. Tra l’altro Eco partecipò al gruppo torinese dei Cantacronache insieme a Calvino. Desideravano entrare a loro modo nella canzone popolare portando contenuti diversi, anche se quelli di allora erano impegnati politicamente. Ora tutto è cambiato. Ma con tutte le differenze del caso, parlando di Eco, il successo di Occidentali’s Karma
Mi ha subito ricordato Eco per la capacità di far convivere contenuti alti nel discorso quotidiano Panta rei e singing in the rain sono una miscela esplosiva
mi è sembrato un buon segno per i tempi che corrono. Per giunta a Sanremo, far entrare una terminologia piuttosto stravagante, è estremamente interessante».
Il punto è il linguaggio. Gabbani lo ha cambiato in modo molto efficace.
«È come se avesse unito pezzi di poesie dadaiste. Ha azzeccato il senso del “vero karma” occidentale: l’idea di accumulare tutta questa roba diversa, da ingordi. Ci prende in giro su questo e mi rallegro che un linguaggio del genere, meditativo e “filosofico” tra molte virgolette, abbia sfondato il muro del Festival». A quali paragoni pensa? «Gabbani non sarà Ezra Pound ma fondamentalmente fa la stessa operazione del suo Cantos di collegare connessioni. Anche l’Ulisse di Joyce è fatto così. Noi stessi siamo fatti cosi: una molteplicità, anzi una moltiplicazione di cose, più che un’accozzaglia. Mi viene in mente anche Federico Zeri quando commentava le opere d’arte. Il suo linguaggio è tipico dell’esperienza estetica tardo-moderna: una narratività mai lineare che si realizza per affastellamento».
Non ha citato l’ironia. Che è esplicita. Forse figlia della toscanità dell’autore?
«Ha un gusto nell’associazione di linguaggio e di idee molto preciso: panta rei e singing in the rain per esempio, sono una miscela esplosiva. C’è molta ironia ma non mi pare sia quella tipica toscana».
Oltre il linguaggio, c’è il fenomeno di costume. Altrettanto esplosivo e virale.
«Un grande merito di Gabbani è aver “riscattato” il Festival di Sanremo da anni di stanca, mollezza e banalità. Non lo seguivo dai tempi di Modugno appunto. Se guardo all’effetto sulla popolarità, come novità, presenza pubblica, ha fatto un capolavoro. Soprattutto inaspettato. Creando un fenomeno di massa non massificato».
Detta così fa ancora più strano che sia stato votato dal pubblico a casa…
«La prima cosa che mi sono domandato infatti è… ma chi lo ha votato? Evidentemente c’è una sensibilità nuova, inaspettata. Se ciò fosse vero saremmo di fronte a un sintomo di cambiamento, un ottimo segno. Però dobbiamo stare attenti a cantare vittoria…». In che senso? «Dobbiamo avere pazienza e stare attenti a cosa succederà gli anni prossimi. Mi ricordo una ventina d’anni fa una canzone altrettanto di rottura, divertente, Papa nero dei Pitura Freska. Non era affatto banale, molto ironica. Credevo avrebbe spostato qualcosa, invece non ha avuto seguito. Non vorrei che Occidentali’s Karma facesse la stessa fine. Spero invece che dia frutti».