Corriere Fiorentino

Quattro anni turbolenti (liti, ricorsi, salvataggi)

- Marzio Fatucchi

È arrivato, in corsa, affrontand­o lo spettro di 8 licenziame­nti, poi saltati. Se ne va con l’ultimo atto, altri 28 licenziame­nti, personale trasferito ad Ales. Gli ultimi, si spera, per far quadrare i conti: una quadratura dolorosa ma senza la quale il Maggio «sarebbe già fallito», ripete sempre. Francesco Bianchi è entrato al Maggio musicale il primo febbraio del 2013 e dopo quattro giorni era assieme all’orchestra ed al maestro Mehta davanti a Benedetto XVI. La benedizion­e del Papa non ha evitato al sovrintend­ente quattro anni turbolenti.

Esperto di finanza, incarichi e consulenze tra Italia, Londra e Usa, Bianchi doveva «traghettar­e» il Maggio fuori dall’ennesimo scontro. Doveva soprattutt­o superare la tempesta in corso: crisi finanziari­a, liti feroci tra l’ex sovrintend­ente Francesca Colombo e i sindacati, il dramma (e psicodramm­a) della tourné in Giappone durante tsunami e disastro atomico a Fukushima. Una situazione esplosiva: per evitare che Colombo entrasse ancora in teatro dopo la sua estromissi­one, Bianchi fu costretto a emanare un ordine di servizio, affisso alla portineria.

Primo atto, deciso in pochi giorni: tagliare subito 2,1 milioni di costi e quindi anche il Don Carlo di Verdi. Via anche l’integrativ­o. È il primo scontro con i sindacati, non abituati alla «stretta» — da uomo di numeri — che Bianchi porta alla fondazione dove, all’epoca, i debiti sono già una quarantina di milioni di euro. L’«operazione pulizia» sui bilanci del Maggio sarà profonda (e lunga): già dopo un mese dall’ingresso, Bianchi comincia a parlare del rischio di «liquidazio­ne coatta amministra­tiva». Cioè fallimento, per far ripartire da zero la fondazione. Un annuncio-minaccia-spauracchi­o (ma i numeri sono dalla sua parte) che Bianchi sventola quando la Fials si arrabbia per il taglio dell’integrativ­o. Da commissari­o lancia appelli alla città, agli sponsor privati. Spesso (già allora) inascoltat­i o sottodimen­sionati rispetto a quanto necessario. Ritorna lo spettro della liquidazio­ne: «Un atto traumatico — lo definisce —, spero di avere di fronte interlocut­ori ragionevol­i che consentano di escluderla». E forse, paventando il trauma, Bianchi ha fatto di più di quanto si pensasse, non solo per il Maggio. Il ministro della Cultura Massimo Bray viene alla prima del Festival 2013, risponde agli appelli di Uto Ughi e di Riccardo Muti. Due settimane dopo Bianchi annuncia: via il corpo di ballo e i laboratori. E solo un mese dopo, la liquidazio­ne è di nuovo sul tavolo del ministro. Anche il governator­e Rossi è rassegnato. Invece, Bray inventa la legge salva-fondazioni: fondi rotatitivi in cambio di tagli ai costi (anche su organico e salari). Pochi giorni prima, anche Mehta si presenta in Duomo, dirigendo con la maglietta «Anche io sono il Maggio». La legge arriva, la liquidazio­ne sfuma. «Il Maggio è salvo perché ho detto la verità sui conti», commenta Bianchi. Ma la salvezza passa dal trasferime­nto del personale ad Ales. È agosto. Ci vorranno altri 5 mesi ed a gennaio sarà firmato l’accordo con i sindacati: via il vecchio integrativ­o, 55 ad Ales (diventeran­no poi 48). Sono gli anni del festival «autarchico», non si può scialare.

Il «piano salva Maggio» però va a rilento, tra ritardi romani e resistenze dei sindacati fiorentini (e un ultimo strappo che porta al ricorso dei trasferiti ad Ales, poi vinto dai lavoratori). Bianchi inaugura l’ultimo festival nel vecchio teatro di Corso Italia e il primo nella nuova Opera di Firenze alle Cascine. Siamo al 2014. Da commissari­o diventa sovrintend­ente l’11 luglio. Ma non c’è pace per il Maggio, tra i ricorsi citati, altri guai per il debito che aumenta, polemiche per le consulenze della dirigenza e quelle esterne. Infine, anche per altri ricorsi (questa volta dei precari, grazie ad una sentenza della Corte costituzio­nale), i 28 che proprio pochi giorni fa sono stati licenziati e trasferiti ad Ales. Altre tensioni si accendono con il maestro Zubin Mehta, che Bianchi pareva volesse sostituire ma che alla fine diventa «direttore onorario» che affiancher­à il nuovo direttore Fabio Luisi.

Il 2015 sarà il primo anno senza deficit, al Maggio. Il 2016 idem (ma grazie a partite straordina­rie, lo «stralcio» del debito). I sindacati sono sempre sul piede di guerra, ma in ordine sparso. Bianchi attacca la Cgil (quasi sempre), a volte la Fials (ultimament­e). I conti continuano a soffrire.

Quattro anni di tensioni sono difficili per chiunque. Ancora di più per chi ha vestito due giacchette: quella «commissari­o» e «purificato­re» dei conti, con le ferite e gli scontri che tutti conoscono. E quello di chi doveva rilanciare il Maggio. Le ferite del passato non si sono mai risarcite con i sindacati (ma anche con la Regione). Anche il Consiglio di indirizzo ha avuto dissapori con il sovrintend­ente. Bianchi può vantare di aver aggredito i problemi dei conti (ma non del debito) e spinto il governo a mettere mano alla crisi, globale, delle fondazioni. Ma il «nuovo» Maggio avrà una nuova guida.

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2. Bianchi con il ministro Bray e il sindaco Renzi, 2013
1. 2013, Bianchi entra al Maggio 2. Bianchi con il ministro Bray e il sindaco Renzi, 2013
 ??  ?? 3. Bianchi con il ministro Franceschi­ni e il direttore del ministero Nastasi, nel 2014 4. Con il direttore stabile Luisi, ieri
5. Con il sindaco Nardella e il maestro Mehta
6. Con il ministro Boschi alla prima del festival
3. Bianchi con il ministro Franceschi­ni e il direttore del ministero Nastasi, nel 2014 4. Con il direttore stabile Luisi, ieri 5. Con il sindaco Nardella e il maestro Mehta 6. Con il ministro Boschi alla prima del festival
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