Antognoni, gli ultras e il timbro di Adv che ancora non c’è
«A ntonio, noi non vogliamo parlare con te perché non c’entri niente». Unico 10 unico incolpevole. Il popolo ha scelto. Scontato, certo (e anche corretto visto che Antognoni in società è entrato solo un mese fa), ma anche un dettaglio che dovrebbe far riflettere i Della Valle che faticano invece a raccogliere applausi.
Fischi e insulti a tutti, ma non per Antognoni. Indossare la divisa e la cravatta del club non significa per forza essere passati dall’altra parte della barricata. La presenza dello storico capitano, insomma, per ora non sembra aver avuto l’effetto sperato. Sembra invece, il nuovo dirigente viola, quasi un garante, una sorta di tribuno della plebe il cui compito dovrebbe essere quello di «fiorentinizzare» la società, manco ci fosse una polvere magica da spargere qua e là. E come potrebbe essere altrimenti visto che lo storico «sì» ad Antognoni è parso, al momento, più una concessione che una scelta carica di cuore e passione?
Come spiegare diversamente il fatto che proprio i Della Valle, che hanno dato il via all’operazione «grande ritorno», poi non abbiano sentito nemmeno il bisogno di rivendicarne la paternità (cogliendo così l’occasione per una stretta di mano ideale con la città)? E se le immagini trasmesse da Sky a San Siro una settimana fa in cui Diego Della Valle in tribuna salutava tutti tranne che l’Unico 10 possono aver tratto in inganno (appena distolto l’occhio della telecamere siamo certi che si siano abbracciati), di sicuro resta il fatto che da gennaio a oggi la Fiorentina non abbia ancora trovato un momento per presentare Antognoni.
Questione di forma, certo. E alla forma, pur non essendo una buona abitudine, si può anche rinunciare se però è la sostanza a riempire i vuoti. Quando manca anche quella però, tutto i nodi finiscono per venire al pettine. E così Corvino agli occhi dei tifosi si trova a interpretare l’avatar di Della Valle, mentre Antognoni quello del tifoso più appassionato, lui come chi si trovava al di là delle cancellate. Basta guardare le foto: il volto teso e stanco di Pantaleo mentre si presenta a parlare con la folla (Sousa invece prudentemente non si è fatto vedere) e quello di Giancarlo, preoccupato certo, ma comunque sorridente semplicemente perché lui può permetterselo, anche davanti alla piazza più arrabbiata.
Nonostante tutto, insomma, la Fiorentina come in un grande Monopoli sembra tornata al «via» (o alla «prigione» fate voi). Da una parte i Della Valle che rivendicano, in qualità di proprietari che hanno investito più di 200 milioni in sedici anni, il diritto di scegliere la strategia societaria (anche se si tratta di tenere o rimettere i conti in ordine) dall’altra i tifosi che cantano, tra ingenuità e presunzione, «la Fiorentina siamo noi» e che vedono (sbagliando) in Antognoni un portavoce delle loro richieste. Divisioni. Che l’andamento della squadra e alcune scellerate dichiarazioni di Sousa non hanno certo aiutato a ricomporre. Divisioni che rappresentano la vera spina nel fianco di questa società, che riemergono a ogni passo falso senza che sia concesso quel credito che invece il club negli anni si è meritato sul campo. E allora Antognoni non sia soltanto un parafulmini da tirar fuori non appena il cielo si fa plumbeo. Rappresenti invece quel ponte che fino a oggi è mancato insieme a un «benvenuto» pubblico che Firenze sta ancora aspettando. Forse l’unico modo per abbattere una volta per tutto il muro. E provare a ripartire. Stavolta davvero insieme.