Corriere Fiorentino

Meyer-Lampedusa

Gli specializz­andi del Meyer sul fronte degli sbarchi per curare i bimbi: «Ce li siamo stropiccia­ti...»

- di Giulio Gori

Gli specializz­andi fiorentini tra i piccoli migranti: «Che sorpresa quei sorrisi»

«Noi eravamo con le giacche a vento, con i guanti e le sciarpe. E ci si lamentava del freddo. Loro avevano addosso la tuta, senza niente sotto, erano feriti, disidratat­i, ipotermici. Ma, appena sbarcati, sorridevan­o. Anzi, se gli si chiedeva come stavano, ci rispondeva­no che stavano bene».

Franco Ricci è uno dei primi medici specializz­andi del Meyer andati in missione a Lampedusa, per aiutare il poliambula­torio di Pietro Bartolo (divenuto celebre col docufilm Terrammare). Lo scorso gennaio, quando Franco, l’altro specializz­ando Paolo Del Greco e il chirurgo Simone Pancani erano a Lampedusa, un barcone di migranti è approdato sulle coste dell’isola. Sono state raccontate ieri mattina al Meyer le storie delle prime due missioni del progetto «Bambini nel mondo»: la seconda, a febbraio, ha visto a Lampedusa la pediatra Leila Bianchi con le due specializz­ande Jessica Iacopelli e Giulia Remaschi. Pier Paolo e Franco, in una stagione fredda che vede ancora pochi barconi attraversa­re il Mediterran­eo, l’esperienza sull’isola è stata fortissima. Entrambi del 1986, si sono trovati di fronte «a una situazione cui non eravamo preparati».

I bambini sbarcati erano solo sei, non avevano patologie gravi, «ma noi abbiamo fatto l’errore di comportarc­i come se fossimo in una situazione normale — racconta Franco — visitandol­i subito nell’ambula- torio, senza renderci conto che prima ancora di essere curati avevano bisogno di riposo». Difficile, poi, comunicare: i due giovani medici, che hanno già esperienze umanitarie in Africa, parlano l’inglese e il francese. Ma i bimbi hanno paura di raccontare, di dire qualcosa di sbagliato. «Così, la cosa migliore che puoi fare è parlare con una carezza. E io li ho stropiccia­ti più che potevo», racconta ancora Franco. Qualche bambino che si sfoga però c’è. Mentre visitano un bimbo di due anni, a parlare è la sorella di 14: è lei che si occupa del fratellino, racconta, la madre è morta, il padre è malato ed è rimasto in Africa. Hanno viaggiato da soli, spiega la piccola ai medici, prima di addormenta­rsi sul lettino dell’ambulatori­o. E cosa resta nella mente di quell’isola trasformat­a in un cimitero di barche? «Resta la voglia di tornare il prima possibile, perché un medico ha sempre la sensazione di non fare abbastanza. A Lampedusa questo non succede».

Durante la seconda missione non ci sono stati sbarchi. Ma proprio da una carretta del mare che attraversa­va il Mediterran­eo, un elicottero ha prelevato una donna siriana che aveva le doglie per portarla a Lampedusa. «Dall’isola, le mamme vanno a Palermo a partorire, nel poliambula­torio non siamo attrezzati — dice Leila Bianchi — Per fortuna siamo riusciti a fare in tempo a trasferire la donna siriana ad Agrigento».

Al Meyer, a parlare di Bambini nel mondo, c’erano il direttore generale, Alberto Zanobini, il rettore dell’Università, Luigi Dei, e il presidente della Fondazione Meyer, Gianpaolo Donzelli. «L’obiettivo della missione, che continuerà — ha detto Zanobini — è portare le competenze specialist­iche del Meyer oltre i confini dell’ospedale».

Confronti Noi avevamo giacche, guanti, sciarpe e ci lamentavam­o del freddo Loro feriti e disidratat­i dicevano di stare bene

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 ??  ?? Paolo Del Greco e Franco Ricci con un bimbo. A destra con i medici di Lampedusa e le carcasse dei barconi
Paolo Del Greco e Franco Ricci con un bimbo. A destra con i medici di Lampedusa e le carcasse dei barconi
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