Tre anni di prigione ai ladri seriali di biciclette
Condanna pesante per un italiano e un marocchino. Il pm aveva chiesto solo 10 mesi
A tradirli sono stati i lucchetti che assicuravano le bici. Troppo difficoltosi da scassinare senza gli attrezzi giusti. Per due volte, nel luglio 2016, la coppia di ladri era finita in manette e poi era stata scarcerata.
Ieri al processo sono stati condannati dal giudice Gaetano Magnelli con pene esemplari per tentato furto. Tre anni e 4 mesi di carcere sono toccati a un marocchino di 30 anni, da cinque a Firenze con regolare permesso di soggiorno. Pena più mite per il suo complice, un sessantenne fiorentino, che lavora in una cooperativa di trasporti: tre anni e un mese. Entrambi hanno precedenti. Il tribunale è andato al di là delle richieste del pm, che aveva sollecitato la condanna tra 9 e 10 mesi di reclusione. Ma non c’è stato nulla da fare. Un verdetto che ha stupito tutti — avvocati e testimoni — nell’aula 5 del palazzo di giustizia. «È una condanna esagerata per aver rubato biciclette di modesto valore. Farò ricorso in appello», annuncia l’avvocato Rossana Finiguerra, difensore del marocchino.
Lui ieri era in aula, assente invece il suo compare. Erano insieme la sera del 3 luglio 2016. Alle 8 di sera girovagavano in via Nazionale. Ed è stato allora, tra il viavai di turisti, che avrebbero iniziato ad armeggiare con la catena che legava una bici a un palo. Prima a mani nude, poi con un tubolare. Peccato che in quel momento passassero da lì due carabinieri in borghese che li hanno consegnati a una volante. In cella per un giorno e poi il giudice convalida l’arresto e li rimette in libertà, con il solo obbligo di presentazione in questura. Qualche giorno più tardi, alle 23 del 12 luglio, a quanto pare, ci riprovano. In piazza Brunelleschi, vengono sedotti da due biciclette pieghevoli, che un turista aveva lasciato appoggiate al muro di un palazzo, con il solo blocco di un lucchetto alfanumerico. I due s’ingegnano per eliminare quel congegno: mentre il giovane sbatte le bici contro la parete per romperlo, il complice fa da «palo». Ma è tutto inutile: il rumore attira l’attenzione di due vigilantes che chiamano i carabinieri.