I SERVIZI PUBBLICI E LE OCCASIONI PERSE, SI PUÒ RIMEDIARE?
Caro direttore gli ultimi mesi di vita pubblica in Italia, dal punto di vista delle imprese, ci consegnano due occasioni perse. In generale, come è emerso ieri a Firenze dal confronto tra i Comuni (Anci) e le associazioni toscane di categoria, si è arenato il percorso di riforma istituzionale e di semplificazione amministrativa e legislativa: bocciato dal referendum il superamento del bicameralismo perfetto e il riordino delle competenze fra Stato e Regioni, fermo il processo di soppressione delle Province, scarsi gli effetti delle unioni dei Comuni, le macroregioni ferme al palo. La trasformazione delle Autorità di bacino in Autorità di distretto è ormai una vicenda complicatissima, simbolo dell’impossibilità di semplificare in Italia il sistema dei poteri e degli enti. Il trasferimento delle competenze delle autorizzazioni ambientali dalle Province alle Regioni sta producendo il caos. Invece di semplificare, tutto si sta complicando ogni giorno di più. Siamo un Paese in cui per avere la sentenza del Consiglio di Stato sul termovalorizzatore della Toscana centrale, dovremo aspettare sette mesi, cioè l’8 ottobre. Per imprese e cittadini il costo di questa giungla di enti, competenze e norme è enorme. Forse il più importante peso sulle spalle dell’economia della Toscana, che pagherà caro lo stop del processo riformatore.
Nel settore dei servizi pubblici locali, l’attesa riforma Madia è stata un’ulteriore occasione persa. Nel delicato mondo dell’economia nazionale è prevalsa la logica burocratica e del diritto amministrativo rispetto a una scelta di politica industriale per la modernizzazione del Paese e per fare investimenti in infrastrutture pubbliche. Così si ridurrà poco il numero delle imprese, e quel che è peggio senza dare alle società partecipate efficienti e produttive strumenti per crescere e rafforzarsi su mercati aperti. Basti pensare che il decreto Madia sulle partecipate tratta una grande azienda che vince una gara e si fonde allo stesso modo di una società strumentale di un piccolo Comune. Una scelta sconsiderata, che rallenterà i processi di costruzione di un’industria nazionale dei servizi locali (acqua, rifiuti, energia, trasporti) e i connessi investimenti, strategici per la crescita del Paese. Pagheremo cara anche questa seconda occasione persa, se non si correggerà quanto deciso, modificando il testo del decreto in Conferenza Unificata Stato-Regioni e approvando rapidamente il decreto servizi pubblici locali. Sembra che le forze dell’inerzia e della palude burocratica siano più forti di quelle autenticamente riformatrici, ed è per questo motivo che i due temi devono essere al centro del prossimo confronto politico.