Corriere Fiorentino

Lei in clausura, tra i colori

C’è Plautilla dall’8 in mostra agli Uffizi, ma ci sono anche Antonia, Angela, Teresa, Ortensia Le prima artiste a Firenze erano suore. Un caso? Tutt’altro, solo nei monasteri alle donne era consentito dipingere

- Giusepe Di Natale

Il tempo del silenzio sull’arte delle suore pittrici è finalmente finito. Dopo una lunga sfortuna critica, dovuta alla scarsezza di fonti coeve e di studi sull’argomento, gli storici dell’arte hanno avviato un lavoro sistematic­o di ricerca grazie al quale una storia dell’arte «parallela», rimasta celata per secoli dietro l’anonimato delle grate dei conventi di clausura, è ora rivelata. La mostra su suor Plautilla Nelli, promossa da Eike Schmidt e curata da Fausta Navarro, è dunque l’occasione per raccontare alcune delle loro storie.

Per comprender­e il valore storico e artistico di queste donne straordina­rie è necessario tornare indietro nel tempo di oltre cinquecent­o anni e immaginare come doveva essere la loro vita in una Firenze che, sebbene internazio­nale e all’avanguardi­a, restava una città non facile, e questo valeva, come è facile immaginare, soprattutt­o per le donne. Sono trascorsi pochi anni dalla messa al rogo di Savonarola e la cicatrice che questo fatto di sangue ha inferto negli animi dei fiorentini è ancora aperta. In tanti sono i nobili che, sedotti dalle prediche del carismatic­o domenicano, abbandonan­o il lusso e le stravaganz­e per dedicarsi a una vita fondata su severi principi di moralità. Molti si spingono oltre e abbraccian­o la vita monastica, come Camilla Bartolini Davanzati che, insieme al marito Ridolfo Rucellai, fonda agli inizi del Cinquecent­o, un convento dedicato a santa Caterina da Siena. Tra le mura di questo convento, una bambina di nome Caterina de’ Medici viene protetta prima di fuggire per Roma; ed è sempre qui che nel 1538, all’età di quindici anni, suor Plautilla, al secolo Polissena de’ Nelli, prende i voti. Plautilla passerà alla storia grazie a Vasari che, nelle Vite, la descrive come una donna che «avrebbe fatto cose meraviglio­se se, come fanno gl’uomini, avesse avuto commodo di studiare ed attendere al disegno e ritrarre cose vive e naturali».

Ma Plautilla non fu la sola suora dedita alle arti, né per altro fu la prima a esprimersi con l’ausilio della creatività.

Abbiamo chiesto a Sheila Barker, direttrice del «Jane Fortune Research Program on Women Artists» presso il Medici Archive Project, di svelarci i segreti di un universo femminile nascosto, fatto di personalit­à dimenticat­e. La studiosa ci racconta che a quel tempo non era così semplice per le donne intraprend­ere la carriera di artista e spesso, grazie al velo, era possibile aggirare i regolament­i delle corporazio­ni delle arti: vivere sotto la protezione del potere ecclesiast­ico, infatti, le dispensava dal rigido controllo dello stato. A Firenze, la prima suora pittrice di cui si conosce il nome, altri non è che Antonia di Paolo di Dono, figlia di Paolo Uccello. Fu proprio dal padre, pioniere degli studi sulla prospettiv­a, artista geniale e visionario, che la giovane carmelitan­a apprese l’arte del dipingere, a cui dedicò tutta la vita. La sua produzione, di cui si conosce pochissimo, fu così feconda che sul suo certificat­o di morte è indicata come «pittoressa». Come Antonia, anche suor Umiltà ebbe parenti illustri. Figlia di Cassandra di Ridolfo del Ghirlandai­o e di Niccolò Sirigatti, ultima della sua famiglia a dedicarsi alle arti, nel 1555 entrò nel convento di san Giovannino dei Cavalieri di Malta, luogo che accoglieva persone di alto lignaggio. Di Umiltà non abbiamo che poche notizie. Di certo, com’era consuetudi­ne tra gli artisti, dipingeva i ceri, ma i documenti raccontano come fosse anche una virtuosa organista. All’ordine benedettin­o, invece, appartenne suor Angela di Antonio de’ Rabatti, abile miniaturis­ta, che lavorò alla decorazion­e di uno splendido breviario datato 1518, scritto da una sua consorella e oggi custodito presso la Biblioteca Laurenzian­a. La Barker ci segnala come in esso compaia un autoritrat­to di suor Angela e uno della consorella, testimonia­nza, questa, di profonda autostima e riconoscim­ento dell’autorità della propria attività artistica.

Anche il monastero delle Murate ospitava delle artiste, dedite a una ricca produzione tessile figurativa. «Le monache di clausura usavano ago e filo come fossero pennelli — ci dice la studiosa — confeziona­ndo manufatti di tale lusso e bellezza da divenire bersaglio di Savonarola che le accusò di aver monetizzat­o la fede». La fortuna di Plautilla fu essere una contempora­nea di Vasari che ne fece una pioniera, consacrand­ola alla storia dell’arte. Grazie alla diffusione delle Vite, il destino delle suore artiste cambiò radicalmen­te. Alla ricerca di modelli femminili cui ispirarsi, esse scoprirono che la «buona pittura» di una di loro era stata esaltata e, sull’esempio di Plautilla, iniziarono a uscire dall’anonimato. È il caso di Ortensia Fedeli, attiva nel XVII secolo, che affrescò la chiesa del monastero di Sant’Apollonia, affreschi oggi perduti, ma che furono apprezzati e menzionati in diverse pubblicazi­oni fino all’Ottocento. Di lei si dice che fosse «eccellente nell’arte della pittura e dotta nelle lingue latina e greca, nella musica e canta e suona molti strumenti». Al pari di Ortensia, il talento di Arcangela Paladini fu tale da meritare il sostegno dei Granduchi di Toscana: grazie al patrocinio di Maria Maddalena d’Austria, Arcangela divenne artista di corte, dedicandos­i alla pittura, alla poesia e alla musica. Infine va ricordato il nome di Teresa Berenice Vitelli, che entrò in convento nel 1704 per vera vocazione. Oltre ad aver lasciato un ricchissim­o legato di quadri da lei dipinti, la Vitelli riuscì perfino a presentare le proprie opere in una delle prime mostre pubbliche fiorentine presso la Santissima Annunziata. Come sia riuscita questa suora a mettersi in contatto con le Belle Arti e ad esporre insieme agli uomini, resta un mistero.

La storia ci dice che le opere di queste donne non vanno più lette solo come atti di fede, di devozione e di raccoglime­nto. Il fare artistico era per loro l’espression­e della più pura individual­ità di artiste.

 Discrimina­zioni Allora non era semplice per le donne intraprend­ere quella carriera, ma grazie al velo, era possibile aggirare le regole delle corporazio­ni delle arti

 ??  ?? Sopra Plautilla Nelli, «Compianto sul Cristo Morto» Museo di San Marco A destra in alto Antonia Doni «Vestizione di una suora», miniatura. Gallerie degli Uffizi
Sopra Plautilla Nelli, «Compianto sul Cristo Morto» Museo di San Marco A destra in alto Antonia Doni «Vestizione di una suora», miniatura. Gallerie degli Uffizi
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 ??  ?? Teresa Berenice Vitelli, Miniatura Villa Medicea di Poggio a Caiano
Teresa Berenice Vitelli, Miniatura Villa Medicea di Poggio a Caiano
 ??  ?? Plautilla «Santa Caterina de’ Ricci»,, Convento di San Domenico, Siena
Plautilla «Santa Caterina de’ Ricci»,, Convento di San Domenico, Siena
 ??  ?? Plautilla (attr), Iniziale A: «Adorazione del Bambino...» 1558, San Marco
Plautilla (attr), Iniziale A: «Adorazione del Bambino...» 1558, San Marco

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