Cascine, ore 17: così i ragazzi si drogano in gruppo
Sotto il ponte della tramvia consumano oppio o eroina, mentre i pusher continuano a vendere fra gli alberi
Alle cinque del pomeriggio, sotto il ponte della tramvia. Sono sette ragazzi, ben vestiti, facce da studenti. Si sono appartati per fumare. Non una «canna», ma eroina o oppio visto che si passano un tubo di stagnola. Poco più in là è una distesa di siringhe, mentre sopra, nel parco, continua la vita di sempre: che significa pusher disposti a vendere la droga.
Avranno sì e no vent’anni, ben vestiti, facce da studenti. Sono in sette, probabilmente italiani, seduti sul prato sotto il ponte della tramvia. Invisibili a chi a pochi metri di distanza sta facendo una corsetta o un giro in bici. Perché si sono nascosti? Non per una «canna» in compagnia, i sette si passano una striscia di carta stagnola, un tubo e un accendino: è il modo in cui si fuma l’eroina o l’oppio. Succede alle cinque di pomeriggio, in una bella giornata di sole alle Cascine. Ma se sotto il ponte, dove per terra ci sono confezioni di siringhe e di acqua per iniezioni, si va per ripararsi dagli sguardi indiscreti, sopra, nel parco, non c’è bisogno di nascondersi per fumare uno spinello o per spacciare in bella vista. E basta una siepe alta poco più di un metro e mezzo per dividere due mondi. Da una parte viale Lincoln, la strada pedonale che corre lungo l’Arno, in cui ci sono podisti, ciclisti, famiglie che fanno una passeggiata, anziani che discutono di politica.
Dall’altra parte della cortina di foglie, nel giardino della Grotta del Frate — quello tra l’ex Meccanò e la tramvia —, una comunità di africani: c’è chi beve, chi ascolta il reggae, chi gioca a pallone. Molti sono lì solo per passare il pomeriggio, pacifici, ma molti sono spacciatori. Gli italiani in quel giardino non entrano, non ci mettono piede. Sembra territorio vietato. Spesso gli africani non hanno da ridire se qualcuno varca il loro regno; sono nigeriani, senegalesi, gambiani, ti scrutano con circospezione, ma spesso sono amichevoli: «Amico, hai sigaretta?». Ma non sempre è così.
Martedì scorso, dopo un arresto compiuto da vigili e carabinieri si sono ribellati contro i passanti, inseguendoli, insultandoli, cacciandoli via lontano mentre urlavano «Italia merda», a anziani, famiglie, bambini. E lì dentro lo spaccio non c’è, perché lì c’è il punto di raccolta e distribuzione a disposizione dei pusher — le cronache di polizia raccontano di partite di droga nascoste nelle buche —, e poi si contratta e si vende subito fuori da quella riserva. Si spaccia alla fermata del tram Carlo Monni, dove anche ieri pomeriggio un gruppo di pusher interrompe un gioco con una palla da tennis e si mette a contrattare con dei ragazzini. Si spaccia nel giardino della Catena, attorno ai Vespasiani, dove basta avvicinarsi per sentirsi proporre: «Fumo?». Nel viale interno del giardino della Catena, la promiscuità tra passanti e pusher c’è. Lì si va a fare una pausa durante il footing per fare ginnastica agli attrezzi disseminati lungo il percorso. Ma è l’unico punto di contatto tra i due mondi. E non sempre va tutto liscio: «Tu col cellulare, niente video», intima un ragazzo dell’Europa dell’Est a un signore che si sta facendo i fatti suoi su una panchina. Chi vuole farsi una passeggiata tranquilla sta sul viale lungo l’Arno, va al parco ma senza entrare nel parco.
Il sindaco Dario Nardella ha annunciato più volte che tra i suoi obiettivi c’è quello di riportare i fiorentini alle Cascine: in realtà i fiorentini ci sono già, sono tanti e a qualunque ora del giorno. Solo che in certe zone sembrano non voler più entrare. Sotto viale Lincoln, lungo le sponde del fiume, c’è il cono d’ombra creato dal ponte del tram. Lì sotto, alle tre di pomeriggio, c’è un uomo così fatto che non riesce a muoversi, piegato su se stesso. In bocca una sigaretta spenta, in mano un pacchetto di sigarette e una cartina lunga da spinelli. Sembra voler rullare una canna, ma non riesce nell’intento, è come paralizzato. Poi, all’improvviso, dopo quattro minuti di immobilità, crolla e si addormenta di schianto sull’erba. Due ore dopo, sotto il ponte, tocca ai sette ragazzi che fumano un oppiaceo con la carta stagnola. I podisti, le famiglie, i ciclisti, gli anziani passano a pochi metri di distanza.
Ognuno sta nel suo mondo. Ma quello degli spacciatori e dei drogati si allarga ogni giorno, quello di tutti gli altri sembra sempre più stretto.