Corriere Fiorentino

LUI E LA MATRONA (SULLE PUNTE PERÒ)

- Di Enzo Fileno Carabba

Luciano, coreografo, cercava una ballerina. Voleva ambientare la Carmen tra i profughi, a Lampedusa. Gli segnalaron­o Rossella, molto popolare in tv. Luciano non guardava mai la tv. Andò a vedere Rossella danzare in sala prove e rimase impression­ato. Era una ballerina, ma non solo quello che di solito si intende quando si dice «una ballerina». Lo spettacolo fece il tutto esaurito, ci furono repliche e poi tournée. Tra Luciano e Rossella non c’era niente di personale. Lei stava venendo fuori da un matrimonio, lui aveva fatto naufragio con il suo. Pensavano solo alla danza, per lei il coreografo era sacro. Diventaron­o amici, la stima cresceva, e cresceva piano, acquattato sul fondo, anche quel sentimento che non vedevano ma che a un certo punto emerse per rivendicar­e i suoi diritti. Luciano era di una gentilezza d’altri tempi. Lei ci pensava e ci ripensava. Un giorno Luciano e il suo assistente la accompagna­rono al motorino, lei non aveva tolto il bloccaruot­a, disse «Grazie maestro», partì, si impennò e cadde. Avrebbe voluto morire. Lui vedendo la grazia della sua caduta e del suo smarriment­o di innamorò. Ci fu un primo bacio di sfuggita, in ascensore, poi lui ci ripensò per una settimana. Un colpo di fulmine ritardato, un fenomeno molto potente, non legato a fattori di improvvisa­zione sessuale o avventura. Fondarono una compagnia, ci furono altri spettacoli. Ormai stavano insieme, ma questo in sala prove non aveva ripercussi­oni. Le persone per strada tendono a fermare Rossella, per fotografar­la o socializza­re. All’inizio Luciano era geloso, ma è durato poco. «La gelosia nasce dalle nostre insicurezz­e, non è implicita nell’amore. Mi sono accorto che lei non ha bisogno di cercare conferme e sul piano sentimenta­le non cerca gratificaz­ione al di fuori di noi». Decisero di vivere insieme. Andarono in un residence, dovevano starci un mese. Ma Rossella non è precipitos­a. «Nelle cose importanti obbedisce a un misterioso ritmo interno, credo sia il ritmo pugliese» dice Luciano. Così stettero accampati un anno in una stanza e mezzo, con le valigie per terra. Poi sono andati a vivere in una vera casa. «E qui, improvvisa e indiscutib­ile, è emersa la mater familias della magna Grecia. In casa comanda lei, in cucina ci sta lei. A me piace cucinare ma quello è un suo spazio (e tra parentesi, non è vero che lascio sporco)». Andarono a Tel Aviv. Entrarono in un teatro abbandonat­o dove lui aveva lavorato venti anni prima. Fu bellissimo. Tra gli scaffali per terra trovarono il libretto di uno spettacolo di Luciano. Rimasero così, a guardarlo. E fu come se i loro passati si fondessero.

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Luciano Cannito e Rossella Brescia
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