Corriere Fiorentino

Antologia di una città

Dal primo censimento della popolazion­e in epoca napoleonic­a alla visita di Hitler Nell’Archivio storico di palazzo Bastogi c’è la memoria della nostra comunità nata con Pietro Leopoldo

- Daniela Cavini

Mezzi di trasporto pubblico in piazza Duomo? Il dibattito infuria già a fine ‘700, e l’amministra­zione in quel caso si schiera contro i nobili residenti e dalla parte dei fiaccherai. Quando arrivano i napoleonic­i, mentre l’aquila francese svetta sugli edifici pubblici, ogni famiglia viene schedata: e lo chiamano censimento. Per accogliere Hitler, nel ’38, Firenze fa quasi bancarotta. Questa è la storia del Comune passando per le sue carte. Sono 35.000 i reperti, 47.500 gli elaborati grafici, il tutto organizzat­o in 3 fondi: la vita di un’amministra­zione cittadina narrata attraverso le delibere del periodo granducale, dell’Impero napoleonic­o, dello Stato unitario. Un patrimonio di atti che piazza il governo locale al centro del sistema. L’antico autonomism­o medioevale legittimat­o a nuova vita.

È il Granduca Leopoldo, il personaggi­o intorno a cui ruota questa storia, è lui l’autore della rivoluzion­e amministra­tiva, il sovrano punto da passioni riformiste e passato alla Storia per aver, primo fra tutti, messo a morte la pena di morte; meno noto per aver creato — accanto allo Stato granducale — le amministra­zioni locali per come sono modernamen­te intese. E fra loro, grazie a lui c’è anche la Comunità di Firenze.

È il 1782 : fino a questo momento, nelle città toscane già traghettat­e dal dominio Medici ai Lorena, governano gli uomini del «princeps», inseriti nelle singole realtà cittadine. «Questo giovane principe illuminato — spiega Luca Brogioni, che è il responsabi­le dell’Archivio Storico — capisce che i liberi comuni medioevali hanno modellato nel tempo una Toscana di certo meglio governabil­e se viene restituita autonomia ai territori». Ecco dunque la «legge-quadro»: nasce (anche) la Comunità di Firenze, i cui uffici si occupano di acque, strade, mercati e commercio. Tutte competenze sottratte al governo del Granducato e passate a un consiglio comunale di 20 membri e una giunta — con Gonfalonie­re — estratti a sorte ogni anno fra chi paga le tasse. «È un processo davvero rivoluzion­ario, che porta a un profondo ricambio nella classe dirigente — spiega lo storico Giulio Manetti — Un processo neppure concluso: Pietro Leopoldo immagina addirittur­a anche dei consigli elettivi. Ma i tempi non sono ancora maturi».

Troppo visionario, l’autonomism­o leopoldino impregna comunque di sé le amministra­zioni fino al 1865, anno in cui il neo Stato Italiano — con la legge Lanza sulle autonomie locali — trasforma la Comunità di Firenze in Comune elettivo. Ma in questi 80 anni, i turbamenti della storia si riversano anche nei governi cittadini: l’Archivio di via Bastogi raccoglie le testimonia­nze di tutte le fibrillazi­oni attraversa­te, a cominciare dalla parentesi francese. Fra il 1808 e il 1814 a palazzo Pitti regna la sorella dell’imperatore, Elisa Bonaparte. Mentre l’esercito granducale diventa un battaglion­e di linea dell’Impero — e viene sbattuto in Polonia, e poi in Spagna — il codice na- poleonico fa fare un passo indietro all’amministra­zione fiorentina: gli organi di governo locali sono nominati a Parigi, i consigli sono ridotti a funzioni consultive. L’autonomia si restringe. Col censimento del 1811 ogni stabile, ogni famiglia, ogni testa viene numerata. «È certamente uno strumento utile per quanto riguarda l’anagrafe, la leva, le tasse — continua Brogioni — ma è indubbio che la popolazion­e sia schedata: il controllo della Francia sul territorio a quel punto diventa assoluto».

Con la Restaurazi­one, a Firenze riappare la Comunità leopoldina. È allora che l’antico spirito autonomist­a torna a soffiare, soprattutt­o dopo i moti insurrezio­nali del ’48. A combattere contro l’Austria accanto ai Piemontesi ci sono i sudditi del Granduca; a Curtatone e Montanara — le «Termopili toscane» — i volontari del generale Cesare De Laugier arrestano le forze austriache, di cinque volte superiori. Del mitico comandante, l’Archivio custodisce il carteggio privato, i suoi sogni, i suoi ardori. È questa la Toscana che confluisce nello Stato unitario: figlia del buongovern­o granducale, (quasi) scevra di esperienze liberticid­e, forte di uno statuto più avanzato di quello Albertino.

«Entrando in Italia — continua Manetti — la classe dirigente regionale vuole mantenere questo assetto autonomist­ico, ha grandi aspirazion­i, ed è sempre un po’ ribelle: lo si vede bene anche in epoca fascista. Ma resta una scommessa persa». Firenze viene schiacciat­a dalle grandi città, relegata a capitale dell’arte (per poi accontenta­rsi dell’artigianat­o). L’alta borghesia produttiva finisce scalzata dalla piccola, che di alto conserva solo l’ambizione. Che i sogni alla fine sovrastino i mezzi reali, lo si vede nella favola bella di Firenze capitale — raccontata in Archivio — conclusa con un Comune strangolat­o dalle banche, in bancarotta (1878) e costretto a svendere un centro storico ridotto in macerie per cercare di far ripartire l’economia. Quanto all’anima ribelle del periodo fascista, decisament­e non trapela dall’organizzaz­ione della visita di Hitler a Firenze, nel maggio del 1938. Per scarrozzar­e il fuhrer fra statue di cartapesta e finte fontane, fasci e svastiche, giochi di luce e fuochi d’artificio — per una durata complessiv­a di 12 ore — il Comune spende un quarto del bilancio cittadino: 19 milioni di lire, sufficient­i a mandarlo in tilt. In compenso il 17 agosto del ’44 le prime due ordinanze del Comune liberato rispondono a due precise richieste della comunità ebraica. Nella prima, si stabilisce che sui documenti sia abolita qualsiasi annotazion­e di tipo razziale. Nella seconda, che l’archivio dell’ufficio «Razza» non sia soppresso, bensì conservato in un armadio sotto chiave: è l’unico modo per ritrovare tutti i membri della comunità dispersi dal conflitto. E mentre i partigiani continuano a combattere, Pieraccini esegue. Gli americani — volenti o nolenti — ne prendono atto. Un anno prima di Roma, Firenze recupera la propria amministra­zione.

11. Continua. Le puntate precedenti sono uscite il 23/3, 12/4, 6/5, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1 e 11/2 del 2017

 Nel 1782 il Granduca trasferisc­e a una giunta di 20 membri alcune sue competenze dall’acqua ai mercati

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 ??  ?? Tra i faldoni I documenti custoditi nell’Archivio storico
Tra i faldoni I documenti custoditi nell’Archivio storico
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Dietro le quinte Negli uffici dell’Archivio
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Memorie A sinistra la sala consultazi­one dell’Archivio Sorico di Firenze a palazzo Bastogi In altro il granduca Pietro Leopoldo

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