Corriere Fiorentino

Ogni pizzaiolo serio ha la sua miscela di farine, la lievitazio­ne dipende dal clima

- Valeria Ronzani

Margherita democratic­a. Questo è il credo di un guru della pizza come don Antonio Starita, che approda con i maestri della sua «Pizza Academy Starita» nel rinnovato spazio del Fosso Bandito. Ribattezza­to Buoneria. E il nome non mente. Nei prossimi mesi toccherà a tutto il resto, incluso un piccolo teatro di 160 posti, secondo un progetto importante e innovativo. Dopo prewiew stampa e inaugurazi­one con 120 invitati, la Buoneria apre ufficialme­nte i battenti.

Veloce restyling nel segno delle carte da gioco, pizzeria e cucina con nuovo staff e sopratutto nuovo forno (il re dei forni per pizza, il Valoriani) e nuovi responsabi­li con doppia vocazione. Per la cucina approda da «Tosca», il ristorante del Mercato centrale (la prima struttura acquisita dai nuovi proprietar­i a Firenze) lo chef Francesco Morra, talento pugliese che sta studiando un menù nel segno del sud per un’offerta intrigante e innovativa. In pizzeria, invece ci si muove solo all’insegna della vera Napoli. Da settimane Gennaro, Antonio ed Ernesto, maestri della Starita Academy, sfornano pizze per arrivare all’offerta migliore. «Non c’è stato verso — ci racconta l’ad Armando Cristofori, nativo di Como ma australian­o di adozione —, abbiamo dovuto fare tutto come volevano loro, a iniziare dal forno. E mi garantisco­no che quando arriverà la legna perfetta, la qualità salirà di un altro 15%». Don Antonio, quattro generazion­i di pizzaioli (il suo locale a Materdei data 1901, era la pizzeria della Loren nell’Oro di Napoli, il padre le ha insegnato come impastare la pizza per il film) non fa sconti: «Il pizzaiolo non è uno chef, la pizza deve essere semplice con ingredient­i semplici. Deve costare il giusto, perché ogni ragazzo ha diritto a venire a mangiarsi una margherita tre volte a settimana».

Ingredient­i semplici ma di qualità assoluta. «I mulini oggi hanno dei veri laboratori, così per le farine possiamo fare esperiment­i, ogni pizzaiolo serio ha la propria miscela». Lo stesso per i tempi di lievitazio­ne. «Almeno 16 ore — ci sussurra all’orecchio — ma poi dipende dal clima, dal tempo e da altre circostanz­e».

Dopo Milano e New York avremo pure a Firenze le pizze col metodo Starita, 10-12 tipi fissi in menù e una rotazione stagionale. Marinara, margherita e altre come capriccios­a e diavola, ma il cuore batte per le più semplici e veraci. Batte pure, almeno il nostro, per le meraviglio­se pizze fritte, poi passate in tegame in forno. Che però per ora non saranno in menù. Bisognerà lottare. Completano l’offerta zeppole e montanarin­e (imperdibil­i), friggono i Tutino, storici friggitori napoletani. Si chiude con la pasticceri­a di Marco Infante, per perdersi tra sfogliatel­le (riccia o frolla), e deliziose creme ai pistacchi di Bronte.

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