LA LEGGE DELLE TOGHE (SE LA LEGGE NON C’È)
Con due decreti il tribunale per i minori di Firenze ieri ha detto sì all’adozione di due bambini da parte di due coppie gay. Una decisione senza precedenti che segna la storia del diritto nel nostro Paese. Una coppia, formata da due fiorentini, vive a Londra; l’altra, formata da un americano e da un italoamericano, vive a New York. Si tratta dunque di ragazzi che vivono all’estero, ma che per l’Italia erano, in quanto figli, dei fantasmi. Come dire che entro i confini italiani non potevano essere tutelati come componenti della loro famiglia. Una realtà che i giudici fiorentini hanno voluto tutelare sul piano giuridico, in nome — prima di tutto — dei diritti dei due bambini. Dietro ogni sentenza che riguarda un minore c’è sempre, o quasi, un aspetto drammatico dell’esistenza. Vite in carne e ossa che meritano, di per sé, la massima considerazione. Di più: impongono il dovere di immedesimarsi, di farsi idealmente carico dello stesso problema. E se così, ieri, si è garantito a due ragazzi un futuro meno controverso non c’è che da gioirne.
Eppure non basta per non provare sconcerto per un passo (un altro passo) della magistratura in un campo che dovrebbe essere presidiato, e limitato, dalla politica. Da quella legge che la magistratura è chiamata, secondo la Costituzione, a far rispettare. Solo alcuni mesi fa il Parlamento ha varato la legge sulle unioni civili delle coppie omosessuali. Un risultato di civiltà che è stato colto dopo un duro scontro sulla «stepchild adoption», e cioè la possibilità della coppia di adottare il figlio biologico di uno dei partner. Possibilità che le Camere non hanno concesso per il timore di aprire un varco alla pratica dell’utero in affitto, e cioè la possibilità di ottenere un figlio facendolo partorire all’estero da una donna che concede il proprio utero per la gestazione. Un caso diverso da quello dei due bambini di ieri, regolarmente adottati dalle due coppie secondo la legge dei due Paesi in cui abitano. Ma è una nuova dimostrazione che quel passo fondamentale fatto dal Parlamento italiano non è sufficiente per chiudere la partita. Servirebbe riaprire un confronto serio tra i legislatori (di ogni parte politica) sul da farsi. Alzi una mano chi ci crede. Se va bene, vedremo alzarsi nuove barricate. Con i magistrati, sullo sfondo, a sfornare sentenze che sembrano leggi.