Renzi detoscanizza il renzismo
L’ex premier tenta la svolta e già al Lingotto i fedelissimi restano dietro le quinte
TORINO Dopo le facce nuove a Palazzo Vecchio e a Palazzo Chigi, stavolta al Lingotto Matteo Renzi è costretto a «detoscanizzare» il renzismo per trasmettere un messaggio di rinnovamento e di apertura. È questo l’elemento centrale della tre giorni di Torino, dove il Pd fu lanciato dieci anni fa da Walter Veltroni e dove Renzi ha ufficializzato la sua candidatura alle primarie del 30 aprile per la segreteria del partito. Una sfida piuttosto complicata, specie sul piano mediatico e della comunicazione. Lo slogan «Facce nuove» fu decisivo per conquistare Palazzo Vecchio, chiudendo lo strapotere degli ex Ds.
E l’analoga spinta al rinnovamento è stata la chiave anche per spodestare Enrico Letta da Palazzo Chigi, perché — diceva Renzi — «l’Italia era ferma nel pantano» e c’era bisogno di una scossa. Ma oggi, dopo la batosta del 4 dicembre, non si può più incentrare tutto sul «noi siamo meglio di quelli che hanno governato finora». Perché stavolta, davanti a Renzi c’è sempre Renzi. E allora diventa tutto molto più difficile. Così alla regia del Lingotto, per dettare i tempi degli interventi, ci sono tre giovani militanti del Pd torinese, non più solo i fedelissimi eletti renziani. E l’ex premier non presidia più il palco in maniche di camicia alla Obama, ma resta dietro le quinte a fare incontri no stop, compreso quello con alcuni rappresentanti della comunità Lgbt — come Paola Concia (neo-assessora a Firenze), il sottosegretario allo Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto e Alessio Di Giorgi — che può garantire un bacino di voti rilevante e che subito dopo l’incontro ufficializza il sostegno a Renzi per le primarie. E sono finite nell’armadio anche la giacca fucsia e le scarpe leopardate della Boschi. E un passo indietro lo hanno fatto tanti toscani, come a dire che nella stanza dei bottoni non ci staranno più solo i fedelissimi renziani. Ad aprire la seconda giornata Lingotto è Maurizio Martina, solida storia diessina alle spalle e futuro vice di Renzi nel caso l’ex premier riconquistasse la segreteria del Pd. «Diversi e insieme è possibile», ripete infatti come un mantra il ministro dell’Agricoltura. Lo stile e l’impatto mediatico di Martina non sono certo scintillanti come nello stile Leopolda, ma il messaggio di inclusione nel partito e di apertura anche a chi sta più a sinistra, che Renzi ha voluto lanciare, sembra passare.
L’evidenza della svolta decisa da Renzi dopo la «boccata» del referendum, così l’ha definita più volte lo stesso ex premier, la ribadisce pure la vice segretaria uscente Debora Serracchiani: «Al Lingotto, dopo gli errori del passato, abbiamo dimostrato pluralità politica. Chi si aspettava la riproposizione del pensiero unico renziano è rimasto deluso». E nell’accelerazione di questa strategia hanno pesato, giocoforza, anche le pesanti ripercussioni politiche dell’inchiesta Consip, dove sono indagati il ministro dello Sport Luca Lotti ed il padre dello stesso Renzi. A fine serata, unica eccezione di questa nuova impostazione — anche se dietro le quinte c’era qualche perplessità — sale sul palco Maria Elena Boschi. Il sottosegretario ribadisce che la stagione delle riforme non finisce qui, che nonostante il «momento doloroso» del fallimento della riforma «più importante», quella costituzionale, bisogna guardare avanti all’Italia del 2017.
Boschi, che tanto si era impegnata per arrivare all’approvazione delle unioni civili, si sofferma poi sul tema della parità uomo-donna, dicendo di voler vivere in un mondo in cui una donna non dovrà essere costretta a fare più sacrifici per avere lo stesso stipendio di uomo, pur facendo lo stesso lavoro. Per rivedere qualche toscano protagonista bisogna aspettare i tavoli di discussione tematica. A quello sulla «democrazia e populismi» c’è Dario Parrini, segretario del Pd toscano. Mentre la vicepresidente del Senato Rosa Maria Di Giorgi guida il tavolo sulla «cultura», ribadendo che per potenziare e migliorare la fruizione dei beni culturali arriveranno decreti ministeriali per superare gli impantanamenti delle riforme nelle Soprintendenze. Ma per vedere la truppa toscana in forze bisogna aspettare l’ora di pranzo, quando circa 200 persone si riuniscono per coordinare la nascita dei comitati a sostegno della mozione congressuale di Renzi. «Ne apriremo almeno 250, uno per ogni Comune — spiega l’europarlamentare Nicola Danti, timoniere per la Toscana dei comitati renziani — Il nostro messaggio è stato chiaro: ora tutti uniti a sostegno di Matteo, delle questioni locali e delle alleanze per le amministrative discuteremo dopo le primarie». Oggi la chiusura della tre giorni, con l’intervento conclusivo di Renzi.