Botticelli e lei
La donna fantastica che fu dipinta per tutta una vita
Le persone capaci di percorrere lunghi tratti dell’esistenza in una condizione di soavità mentale sono fortunate, ma quando ne escono possono subire dei duri contraccolpi. Botticelli fu per molti anni lirico nella pittura e comico nella vita, sognante e goloso, non ebbe tempo di pensare al futuro e alla vecchiaia. La bellezza lo rese incauto.
Fu un bambino inquieto. «Che cervello stravagante!» pensò suo padre e lo mandò a bottega da un orafo. Tra orafi e pittori c’era uno stretto rapporto e così fu portato dal pittore Filippo Lippi. Imparò molte cose. Ascoltava i suoi racconti di mare, di quando Filippo fu rapito dai pirati e trascinato lontano. Si innamorò delle sue Madonne, del loro sguardo. Che poi era lo sguardo della donna amata da Filippo. A cosa pensavano quelle immagini? Cosa sognavano?
Secondo una fantasia ottocentesca incontrò una donna che si chiamava Simonetta. Magari è vero e gli sembrò di cogliere, nel suo sguardo, qualcosa delle Madonne del maestro. Certo è che dipinse in molte forme lo stesso volto, attribuendo i suoi tratti dolci e regolari a donne e ragazzi. La ritrasse perfino nei volti degli angeli. Che erano poi figure languide e sensuali, con ali ridotte al minimo per non intralciare lo slancio degli abbracci.
A un banchetto mediceo cercò di chiedere a quella donna fantastica quali fossero i suoi sogni ma lei non rispose, lo guardò malinconicamente. «Eccone un altro», pensò. Spesso gli uomini le ponevano domande complesse con intenti elementari. Forse Botticelli frequentò anche la bottega del Verrocchio, dove incontrò un altro ragazzo: Leonardo da Vinci. Botticelli gli spiegò quanto contasse il mistero dello sguardo, perché lascia intravedere l’idea, che è più resistente della realtà. Gli disse anche che il paesaggio non è importante. «Se getti contro un muro una spugna piena di diversi colori e poi guardi bene vedrai un paesaggio». Leonardo disse «mmm...», estremamente perplesso. Poi però, quella stessa notte, prese una spugna e provò. «Troppo in anticipo sui tempi» pensò.
In giro per la città, in molte case, Botticelli dipinse donne parecchio nude. Le immagini erano ciò che raffiguravano ma anche un’altra cosa. Nell’ambiente dei Medici, in cui Botticelli raggiunse il massimo splendore, trovava persone dotte e sottili che davano suggerimenti per le allegorie. Per chi guarda il quadro c’è qualcosa da capire ma anche qualcosa da non capire. L’esistenza è cangiante come le idee. Sforzarsi di spiegare tutti i dettagli una volta per tutte è una tentazione forte ma è un atteggiamento grossolano che fa perdere di leggiadria. La donna fantastica, per esempio, pur vedendo che in tutte le opere di Botticelli c’era sempre lei, a volte vestita a volte no, sorvolava sul significato segreto di se stessa.
Botticelli, guardandola mentre parlava disinvolta di miti classici con uomini straordinari, ebbe una illuminazione. Ecco cosa sognavano le Madonne del Lippi, o almeno cosa sognavano le sue Madonne: antichi miti, che non erano in contraddizione con la religione cristiana, anzi la preparavano. Per esempio, Venere nasce dall’acqua ma anche i cristiani nascono nel battesimo.
«Bene» si disse. Ecco fatto. Dipinse la Nascita di Venere. Nel suo quadro la dea nasce adulta (a meno che non sia nata già da un po’) nella stessa posa in cui sta una statua greca ellenistica detta la Venere dei Medici, anche lei oggi agli Uffizi. Qui il mare è un accenno, una immensità stilizzata. Un’idea di mare, increspata da risonanze interiori. I racconti marini di Filippo Lippi risuonavano in lui, mescolandosi al volto sereno delle Madonne del maestro. Venere più che nascere approda, viaggiando su una conchiglia, in equilibrio precario. La grossa valva sarebbe infatti sul punto di ribaltarsi, se Venere fosse una creatura comune. Camminare — ma anche planare — sulle acque è un simbolo del dominio sulle tempeste e sulle passioni. Nella sua bellezza malinconica la dea è irreale, presenta numerose anomalie. Spalle spioventi, braccio sinistro disumano, collo troppo lungo, ombelico troppo alto, insieme sbilenco. Dicono che un organismo simile non sopravviverebbe. Eppure è bellissima. Del resto, se emerge dal mare deve essere stata sottoposta a pressioni spaventose. Lui la guardò e le chiese: «Chi sei veramente?».
La nascita di Afrodite era anche un dipinto di Apelle, famoso pittore dell’antichità. E Botticelli nel gioco di specchi della sua mente si sentiva un po’ Apelle. L’antico collega si era innamorato della modella, Campaspe, che era l’amante di Alessandro Magno. Il grande condottiero, accortosi dei sentimenti del pittore per Campaspe, gliel’aveva regalata. Botticelli pensò a questa storia mentre ritraeva Venere-Simonetta, che nella fantasia ottocentesca era l’amante di Giuliano de’ Medici.
Dipinse La Primavera, piena di figure femminili incinte — una specie di gravidanza collettiva — eppure leggere, che non poggiano i piedi per terra. Masaccio amava i piedi per terra, Botticelli le teste nelle nuvole.
Nei suoi quadri attraverso il guizzare delle linee spiravano brezze leggere, spirituali e seducenti. Fuori dai quadri lui era un uomo piacevole. Prima di diventare triste faceva tantissimi scherzi. Poi il vento cambiò, dentro e fuori dai quadri. La tempesta fece sparire i Medici e innalzò Girolamo Savonarola. Il frate disse: «Pentitevi». Botticelli si pentì. Bruciò dei disegni. Non fu opportunismo, fu una vera crisi. Infatti anche dopo la morte di Savonarola il suo turbamento non sparì. Anzi crebbe. Era dentro di lui. Il contraccolpo per troppi anni di beatitudine. Dipinse altre opere. Ora non c’era più calma e splendore, serenità nello sguardo. La donna fantastica era morta molto giovane, anche se Botticelli continuò a dipingerla per tutta la vita. Non c’era più Lorenzo a ricordargli di essere lieto e a dirgli «Botticello ingordo ... Oh di quante tue ciance mi ricordo». Gli uomini sono anche chi gli sta attorno. Ora chi era lui? Un altro. Vedeva una drammaticità nuova in tutte le cose. Una mancanza di senso. Nel Compianto sul Cristo morto i personaggi non riescono neanche a guardare il mondo, tengono gli occhi chiusi per il dolore. Sembrava a Botticelli che quelli fossero i veri sogni delle Madonne.
Morì povero, solo, trascinandosi su due bastoni dentro un vento che lo allontanava dagli altri e lo avrebbe reso uno sconosciuto per secoli. Poi, come emergendo dal mare della storia, rinacque e, bellissimo e irreale, galleggiando sui suoi quadri, approdò sulle coste di un’isola: il nostro tempo.
8. Continua. Le precedenti puntate: 13-27/11; 11-31/12 2016; 22-1, 5-26/2
La sua Venere ha il collo troppo lungo, le spalle spioventi, eppure è bellissima