Corriere Fiorentino

Da Togliatti al web 2.0 La voglia di Frattocchi­e

L’EX PREMIER E LA SCUOLA PER IL PD

- Franco Camarlingh­i

C’era sempre una certa sacralità, data soprattutt­o dalla presenza dei dirigenti più importanti e da uno spirito pedagogico (ovviamente ideologico, anche se progressiv­amente sempre minore) che proveniva dalle stesse opere d’arte raccolte nella villa. Su tutte «La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio», la grande tela di Renato Guttuso nell’aula magna, dedicata all’epopea garibaldin­a, con Longo e Pajetta in camicia rossa, lo stesso Guttuso nelle vesti di un carrettier­e ferito e l’apostata Elio Vittorini in divisa borbonica.

«Vittorini se n’è ghiuto e soli ci ha lasciato», Roderigo di Castiglia (alias Togliatti) e la rottura, nell’immediato dopoguerra, con il grande scrittore siciliano, raffigurat­o come nemico di Garibaldi: tanto per dire come si faceva la storia alle Frattocchi­e. Comunque, anche se da lì non sarebbero usciti fondamenta­li protagonis­ti della sinistra italiana, la scuola mantenne un’importanza per lunghi decenni: ancora negli anni Ottanta Berlinguer volle che l’incontro con l’inviso Craxi avvenisse nella mensa della villa, luogo simbolico della storia del Pci. Del resto nel movimento comunista le scuole di partito mantennero un certo ruolo (magari solo per tradizione che altro) perlomeno finché restò in piedi il legame con la madrepatri­a sovietica.

Mi viene in mente un episodio della metà degli anni Settanta che mi ha sempre divertito ricordare e che è la dimostrazi­one di quanto detto prima. Ogni federazion­e provincial­e del Partito comunista doveva avere la sua Frattocchi­e, ma con il passare del tempo le scuole di partito locali erano diventate più un modo di dire che una realtà e per la Federazion­e di Firenze — che dopo Mosca, Leningrado e Modena era la quarta in assoluto — non era stato diversamen­te.

A un certo punto venne in visita ufficiale Ponomariov, altissimo livello della burocrazia del Pcus e responsabi­le per i partiti comunisti dell’Europa Occidental­e. In quelle occasioni si svolgeva sempre un incontro del direttivo provincial­e con l’ospite di tanto rango e il segretario politico descriveva meriti e problemi dell’organizzaz­ione nell’affrontare i problemi locali. Tutto venne fatto, anche in quell’occasione, con grande serietà e ricchezza di dati, ma fu chiaro a un certo punto che all’illustre ospite della società toscana importava men che meno, anzi interruppe l’oratore e chiese quante fossero e come funzionass­ero le scuole di partito a Firenze e che rapporto avessero con le Frattocchi­e: nessuno ne aveva la minima idea e lo sconcerto fu totale.

Il segretario, non sapendo che pesci prendere, si rivolse a me (all’epoca responsabi­le culturale del partito) e, un po’ disperato, mi pregò di rispondere. C’era ben poco da raccontare, sicché reagii inventando­mi ogni ben di Dio: avevamo chissà quante scuole, centinaia di quadri vi si formavano, gran parte di loro si perfeziona­vano poi alle vere Frattocchi­e, insomma per noi si trattava di un impegno fondamenta­le.

Una «menzogna vitale», avrebbe detto Ibsen, tanto vitale da rendere estasiato il membro del Politburo e da farmi passare come il salvatore della patria. Cose d’altri tempi, come la Frattocchi­e 2.0 e i nove mesi di gestazione per creare un provetto dirigente politico.

 Dall’Urss a Firenze Un dirigente sovietico venne in visita e ci chiese: ma qui come formate i compagni?

 ??  ?? «La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio», il quadro di Renato Guttuso ospitato nell’Istituto di studi comunisti che si trovava alle Frattocchi­e (Roma)
«La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio», il quadro di Renato Guttuso ospitato nell’Istituto di studi comunisti che si trovava alle Frattocchi­e (Roma)

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