ChiantiBanca, parte l’operazione pulizia
La bufera al vertice non cambia il percorso con i trentini di Cassa Centrale. Con qualche sofferenza in meno
La strada tracciata dall’assemblea dei soci di ChiantiBanca lo scorso 18 dicembre non cambia: anche dopo la tempesta che ha visto il direttore generale Andrea Bianchi e metà del Consiglio di amministrazione dare le dimissioni (dopo oltre trent’anni di servizio), l’istituto proseguirà nel percorso avviato con i trentini di Cassa Centrale Banca. Nessuna intenzione, quindi, di fare passi indietro e tornare a bussare alla porta di Iccrea — la holding unica del credito cooperativo creata dopo la riforma voluta dal governo Renzi — si va avanti per entrare a far parte della holding alternativa che si sta formando intorno a Cassa Centrale e la cui nascita, secondo i dirigenti di ChiantiBanca, potrebbe convenire a tutto il sistema del credito cooperativo. Anzi, ChiantiBanca entrerà nel gruppo finalmente «ripulita» nei bilanci e guidata da una figura di garanzia, il presidente Lorenzo Bini Smaghi, che ora più che mai si prepara a guidare la svolta con piglio operativo. Il cambio di passo sarà ulteriormente sottolineato dall’arrivo del nuovo direttore generale, alla cui selezione si sta già lavorando. E soprattutto dalla profonda pulizia di bilancio che comporterà nell’immediato una chiusura del 2016 con pesanti perdite — oltre ottanta milioni di euro — invece che in utile, ma garantirà trasparenza e solidità per affrontare il futuro. «La banca ha le spalle abbastanza larghe per assorbire la rettifica delle poste di bilancio relative ai crediti deteriorati — dicono da San Casciano — e rimanere solida: anche dopo la pulizia conserverà un indice di solidità patrimoniale a doppia cifra, ben superiore alla media del sistema bancario nazionale».
Nessun timore, quindi, per correntisti e soci: una rassicurazione necessaria, soprattutto perché in Toscana dopo il caso Banca Etruria «ora i clien- ti hanno paura di scottarsi». Solide basi patrimoniali, bilancio ripulito, guida salda e autorevole, radicale cambiamento degli organi di vertice: con queste premesse ChiantiBanca intende riprendere la marcia.
Una marcia lunga vent’anni, iniziata dall’unione di cinque banche cooperative, che hanno portato la rete sul territorio dai sette sportelli dell’originaria Banca del Chianti Fiorentino ai 52 attuali. Oggi Chianti- Banca ha un capitale di quasi dieci volte rispetto a quanto aveva nel febbraio 1999. Il bilancio del 1998 chiudeva con un totale attivo di 217 milioni di euro, rispetto ai circa 3,7 miliardi attuali. La raccolta è oggi circa 3,1 miliardi di euro (era di 201 milioni di euro), mentre gli impieghi toccano i 2,6 miliardi (erano 129 milioni di euro). I dipendenti non superavano le quaranta unità contro i 457 di oggi. ChiantiBanca aveva chiuso l’esercizio 2015 con 7 milioni di utile netto, prima di incorporare nel corso del 2016 le banche di credito cooperativo di Pistoia e dell’Area Pratese: due acquisizioni che hanno permesso all’istituto di San Casciano di consolidare la propria presenza in un’area strategica del tessuto produttivo regionale, ma che hanno anche portato in dote un corposo fardello di crediti deteriorati.
Il cammino riprenderà: nessuna trasformazione in società per azioni e nessun rientro sotto l’ombrello di Iccrea, anche per evitare le sovrapposizioni che si creerebbero sul territorio con il loro (pesante) carico in termini di esuberi di personale e quote di mercato da spartire. Direzione Trento, dunque, con la solidità del patrimonio e della base sociale e una guida profondamente diversa per esperienza, curriculum e, probabilmente, anche per stile.
«La banca ha le spalle abbastanza larghe da assorbire la rettifica dei crediti deteriorati»