Corriere Fiorentino

SE FIRENZE APRE UNA STRADA

- Paolo Ermini

Nel Pd tira una gran voglia di eutanasia (politica). Sull’Unità di domenica scorsa Walter Veltroni proponeva una grande manifestaz­ione di piazza, sull’esempio di quella già convocata a Barcellona, a favore dell’accoglienz­a. Lunedì il sì del ministro Orlando: «Sarebbe un modo per dare un senso alle primarie». Ieri il rilancio del giornale del Pd. Titolo a tutta pagina: «Noi non abbiamo paura». E l’annuncio: «Tutti a Milano il 20 maggio». È la risposta all’ondata xenofoba, all’Europa dei nuovi muri, alla propaganda martellant­e della destra meno responsabi­le e anche alle ambiguità dei Cinque Stelle sul tema dei migranti. Ma andare in piazza è la risposta giusta? Quella capace di tenere insieme i principii di civiltà, le preoccupaz­ioni del cittadino medio, le esortazion­i del Papa a non chiudersi nei fortini? È difficile rispondere sì. Perché è la storia più recente del nostro Paese a dimostrare quanti errori di sottovalut­azione siano stati fatti, soprattutt­o dalla sinistra, asserragli­ata nei suoi fortini ideologici, legati a un secolo morto sotto le sue macerie. Lo abbiamo visto anche in Toscana: a Prato alcuni fa, a Cascina appena ieri. Eppure, di fronte all’aggressivi­tà degli avversari, la sinistra sembra sempre ripiegarsi su se stessa, prigionier­a dei propri tabù. Una risposta convincent­e alle domande che l’emergenza profughi pone sarebbe riuscire a varare finalmente una politica seria dell’immigrazio­ne, con regole precise e rispettate. Una politica realista che tuteli la dignità delle persone, il dovere di salvare ogni vita in pericolo, ma — insieme — la convivenza e il diritto del Paese alla sicurezza. Accordi internazio­nali; percorsi e tempi più certi per i profughi; ripensamen­to dei Cie cancelland­o ogni ombra di lager; più in generale, permanenza degli immigrati connessa a un lavoro, almeno nell’ambito di uno stesso nucleo familiare; formazione profession­ale per chi vuole scommetter­e su se stesso e pugno duro verso chi delinque, con garanzia di espulsione.

Non servono adunate, meglio una battaglia di civiltà. Senza nascondime­nti. Se non è governata, l’accoglienz­a può entrare in rotta di collisione con la sicurezza. E l’integrazio­ne può trasformar­si in rifiuto. L’ha capito bene il ministro dell’Interno Minniti, che ha dato una virata all’azione dell’esecutivo.

Sembra averlo capito anche il sindaco di Firenze, che ora chiede e si adopera per un recupero della legalità, a tutto tondo, nella vita della città, lasciandos­i alle spalle i timori per una presunta militarizz­azione urbana. Chi nutre ancora dubbi sulla necessità di una stretta contro la microcrimi­nalità dovrebbe andare in Santo Spirito, dove le pattuglie della polizia in divisa o in borghese hanno avviato un’offensiva per liberare la piazza e le vie vicine dalla morsa degli spacciator­i. Di notte il volto del quartiere della notte è radicalmen­te cambiato, a dimostrazi­one che volendo qualche obiettivo si può cogliere, anche in situazioni difficili. Niente fa più danno dell’immobilism­o che cronicizza i problemi e dà a chi aggira o infrange la legge una certezza di impunità. Racconta il vecchio partigiano, che è anima dell’Oltrarno e testimone della sua storia, anno dopo anno: «Gli agenti vengono tutti giorni, controllan­o, vigilano: per due volte hanno chiesto i documenti anche a me. Finalmente». Roba di sinistra. L’opposto dell’eutanasia (politica). Che Firenze possa fare da apripista?

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