SE FIRENZE APRE UNA STRADA
Nel Pd tira una gran voglia di eutanasia (politica). Sull’Unità di domenica scorsa Walter Veltroni proponeva una grande manifestazione di piazza, sull’esempio di quella già convocata a Barcellona, a favore dell’accoglienza. Lunedì il sì del ministro Orlando: «Sarebbe un modo per dare un senso alle primarie». Ieri il rilancio del giornale del Pd. Titolo a tutta pagina: «Noi non abbiamo paura». E l’annuncio: «Tutti a Milano il 20 maggio». È la risposta all’ondata xenofoba, all’Europa dei nuovi muri, alla propaganda martellante della destra meno responsabile e anche alle ambiguità dei Cinque Stelle sul tema dei migranti. Ma andare in piazza è la risposta giusta? Quella capace di tenere insieme i principii di civiltà, le preoccupazioni del cittadino medio, le esortazioni del Papa a non chiudersi nei fortini? È difficile rispondere sì. Perché è la storia più recente del nostro Paese a dimostrare quanti errori di sottovalutazione siano stati fatti, soprattutto dalla sinistra, asserragliata nei suoi fortini ideologici, legati a un secolo morto sotto le sue macerie. Lo abbiamo visto anche in Toscana: a Prato alcuni fa, a Cascina appena ieri. Eppure, di fronte all’aggressività degli avversari, la sinistra sembra sempre ripiegarsi su se stessa, prigioniera dei propri tabù. Una risposta convincente alle domande che l’emergenza profughi pone sarebbe riuscire a varare finalmente una politica seria dell’immigrazione, con regole precise e rispettate. Una politica realista che tuteli la dignità delle persone, il dovere di salvare ogni vita in pericolo, ma — insieme — la convivenza e il diritto del Paese alla sicurezza. Accordi internazionali; percorsi e tempi più certi per i profughi; ripensamento dei Cie cancellando ogni ombra di lager; più in generale, permanenza degli immigrati connessa a un lavoro, almeno nell’ambito di uno stesso nucleo familiare; formazione professionale per chi vuole scommettere su se stesso e pugno duro verso chi delinque, con garanzia di espulsione.
Non servono adunate, meglio una battaglia di civiltà. Senza nascondimenti. Se non è governata, l’accoglienza può entrare in rotta di collisione con la sicurezza. E l’integrazione può trasformarsi in rifiuto. L’ha capito bene il ministro dell’Interno Minniti, che ha dato una virata all’azione dell’esecutivo.
Sembra averlo capito anche il sindaco di Firenze, che ora chiede e si adopera per un recupero della legalità, a tutto tondo, nella vita della città, lasciandosi alle spalle i timori per una presunta militarizzazione urbana. Chi nutre ancora dubbi sulla necessità di una stretta contro la microcriminalità dovrebbe andare in Santo Spirito, dove le pattuglie della polizia in divisa o in borghese hanno avviato un’offensiva per liberare la piazza e le vie vicine dalla morsa degli spacciatori. Di notte il volto del quartiere della notte è radicalmente cambiato, a dimostrazione che volendo qualche obiettivo si può cogliere, anche in situazioni difficili. Niente fa più danno dell’immobilismo che cronicizza i problemi e dà a chi aggira o infrange la legge una certezza di impunità. Racconta il vecchio partigiano, che è anima dell’Oltrarno e testimone della sua storia, anno dopo anno: «Gli agenti vengono tutti giorni, controllano, vigilano: per due volte hanno chiesto i documenti anche a me. Finalmente». Roba di sinistra. L’opposto dell’eutanasia (politica). Che Firenze possa fare da apripista?