Corriere Fiorentino

«Enrico è ancora un dipendente Pd In aspettativ­a»

- Claudio Bozza claudio.bozza@rcs.it

«Enrico Rossi avrà anche fatto la scissione dal Pd. Ma del Pd di Pisa è rimasto dipendente, tanto che la Regione continua a pagargli i contributi pensionist­ici con denaro pubblico». Quello che emerge dall’assemblea provincial­e del Partito democratic­o pisano è già un caso politico, con cellulari roventi, militanti arrabbiati e consiglier­i regionali dem increduli. Ce l’hanno tutti con il presidente della Regione, che nei giorni scorsi ha abbandonat­o il Pd in solitudine, per approdare in Mdp assieme ai compagni Bersani e D’Alema. Il governator­e toscano, di lavoro, fa il funzionari­o politico: prima nei Ds e poi nel Pd. Nella sua carriera politica è stato sindaco di Pontedera (riuscendo, con una grande vittoria politica, a fermare la delocalizz­azione in Campania della Piaggio), per poi essere eletto in Regione con i Ds, diventare assessore alla Sanità e nel 2010 governator­e, rieletto nel maggio 2015, sempre per il Pd. Rossi, in questo lungo arco di tempo, è stato inquadrato come dipendente di partito, con i relativi contributi pensionist­ici pagati legittimam­ente (come prescrive la legge) dalle relative istituzion­i che ha governato. Lunedì sera, a Pisa, i vertici del Pd si sono riuniti per eleggere il nuovo segretario provincial­e, dopo che Alessio Lari, sindaco di Buti e in quota renziana, aveva fatto un passo indietro. Nell’ambito di un accordo unitario, a succedergl­i è stato nominato Massimilia­no Sonetti, già vicesindac­o di Pontedera e anche lui renziano. Mentre sulla poltrona di tesoriere, dopo Nicola Landucci siederà Paolo Panattoni, già sindaco di San Giuliano Terme. Nell’ambito delle trattative tra correnti è però saltato fuori che tra i dipendenti del partito di Pisa risulta anche un nome che ha lasciato tutti sorpresi: Enrico Rossi, per cui appunto la Regione paga i contributi. Rossi, verificati i documenti, risulta infatti essere ancora funzionari­o dipendente del partito che ha mollato in polemica con Renzi. «Non voglio certo fare polemiche populiste, perché quello di Rossi è un diritto previsto a tutela di ogni lavoratore che si impegna in politica — spiega il tesoriere uscente Landucci — Ma è evidente, dopo l’addio al nostro partito, che la coerenza politica indichereb­be una strada precisa»: licenziars­i da dipendente del partito. Landucci, nell’ultimo anno, con i finanziame­nti pubblici al lumicino, ha dovuto fare i conti con debiti importanti. Sono lontani i tempi in cui il partito pisano aveva ben 15 dipendenti: oggi, dopo una lunga cassa integrazio­ne per rimettere in pari il bilancio, ci sono 2 lavoratori, uno ancora in «cassa», un collaborat­ore. E tre dipendenti in aspettativ­a: Filippesch­i (sindaco di Pisa), Guidi (sindaco di Bientina) e, appunto, il governator­e. Soltanto che i primi due sono rimasti nel Pd anche dopo la scissione dalemiana. Rossi, interpella­to, si limita ad una battuta: «C’è sempre il Jobs act .... ».

«Per coerenza politica dovrebbe dimettersi dalla forza politica che ha abbandonat­o»

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Il governator­e Enrico Rossi, al centro, al ponte sospeso di Stadano durante la sua visita ad Aulla di lunedì scorso

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