Braccianti come animali dentro i casolari Perquisizioni in Chianti
Castellina, perquisiti i casolari dei braccianti. Tutti dipendenti della stessa società
CASTELLINA IN CHIANTI (SIENA) Vivevano in casolari fatiscenti «ammassati come oggetti e in condizioni igieniche indescrivibili», ha raccontato il sindaco di Castellina Bonechi dopo un sopralluogo insieme ai carabinieri. Centinaia di braccianti, africani soprattutto, tutti dipendenti della stessa società. Al vertice un turco di 37 anni, denunciato a piede libero per sfruttamento del lavoro, reato contestato per la prima volta in Toscana. I carabinieri e gli uomini dell’Asl dai casolari sono arrivati ad indagare sul mondo oscuro del caporalato. Ma non tutti si sentono liberati dall’intervento dei militari. «Se perdo questo lavoro come aiuto mia figlia e mia moglie?» si chiede Mahud, 24 anni, fuggito dal Mali.
CASTELLINA IN CHIANTI Sono partiti da queste case per risalire al giro del capolarato. C’è stato l’esposto di una persona che segnalava condizioni di vita al limite della decenza. I carabinieri della Compagnia di Poggibonsi hanno fatto i primi accertamenti e hanno capito che quei giacigli servivano a dei braccianti, in gran parte africani, pagati 52 euro al giorno. I militari sono così risaliti alla ditta che li aveva assunti e dopo due mesi di indagine, ieri mattina, hanno perquisito il titolare della società, che ha sede in provincia di Grosseto: un turco di 37 anni è accusato di sfruttamento del lavoro, un reato introdotto di recente che il sostituto procuratore Nicola Marini ha usato per la prima volta in Toscana.
I braccianti vivevano, in condizioni terribili, in case di proprietà di un noto imprenditore fiorentino, perquisite ieri dai carabinieri e dai tecnici della Asl. «Là dentro non ci deve stare più nessuno». Marcello Bonechi, sindaco di Castellina in Chianti, avrebbe fatto volentieri a meno di tutta questa attenzione, ma adesso l’importante è correre ai ripari. «Quando saranno pronti i rilievi dell’Asl, farò un’ordinanza per impedire che una situazione del genere si possa ripetere e poi vigilerò con la polizia municipale che le regole siano rispettate», afferma il primo cittadino. Bonechi ha accompagnato i carabinieri nel sopralluogo in località Il Monte dentro i locali ospitati dai braccianti, toccando con mano il loro dramma, e ha subito chiesto di liberare l’immobile. «La situazione era di degrado assoluto — racconta il sindaco — Le persone erano ammassate come oggetti. Costrette in una quotidianità fatiscente, con condizioni igieniche difficili da descrivere». A ciò va aggiunto il pericolo quotidiano di doversi riscaldare con stufe a legna e bombole di gas.
Durante le operazioni i carabinieri hanno stabilito che il titolare della ditta, al momento denunciato a piede libero, aveva assunto regolarmente almeno 300 operai. Il sospetto è che anche il giro degli stipendi — si parla di circa un milione e 200 mila euro l’anno — non sia così regolare come potrebbe sembrare, su questo si concentreranno ora le indagini. Ieri, durante le operazioni, anche nei Comuni di Radda e Castelnuovo Berardenga, sono stati condotti in caserma una trentina di braccianti: tutti sono stati sentiti dai militari, che adesso dovranno ricostruire i ruoli all’interno delle Srl. Nelle prossime ore anche i titolari delle aziende vitivinicole potrebbero essere sentiti: sono estranei all’inchiesta, ma i carabinieri vogliono capire se non si fossero mai accorti di situazioni anomale. Negli ultimi anni, secondo una prima lettura della documentazione, i braccianti avrebbero lavorato per molte aziende di quella zona. L’inchiesta, partita da quei casolari fatiscenti e approdata nel mondo sommerso del caporalato, è appena all’inizio.