COSI’ ANCHE I CREDENTI POSSONO AIUTARE L’EUROPA A RITROVARE LA SUA UNITÀ
Una delle cifre più evidenti della storia europea degli ultimi anni è la profonda crisi che investe da un lato le strutture istituzionali e politiche dell’Unione e dall’altro, forse in modo ancor più radicale, le ragioni profonde dell’esistenza del progetto europeo. Sono passati poco più di settant’anni dalla fine di quella Seconda Guerra Mondiale che per l’Europa segnò la fine tragica di un ciclo politico e la maturazione della coscienza di un’opzione storica comune, che prese poi forma con la nascita della Comunità Economica Europa, a Roma, il 25 marzo 1957.
Il progetto di dare agli Stati europei un orizzonte politico, economico e sociale comune nasceva certamente come una necessità, di fronte ad un quadro internazionale nel quale nuovi attori (Stati Uniti e Unione Sovietica) dominavano la scena. Al tempo stesso esso esemplificava anche la volontà di marcare una netta discontinuità con un passato recentissimo che comprendeva due guerre mondiali, la crisi dei regimi liberali e la stagione dei totalitarismi e l’orrore dei campi di concentramento. In un certo senso il sogno dell’Europa unita trova le sue origini proprio di fronte all’orrore di Auschwitz e diventa costruzione di uno spazio di pace il cui successo è testimoniato dal fatto che per la prima volta nella storia ben tre generazioni di europei non hanno conosciuto la guerra.
Di tutto questo l’oggi sembra non avere memoria e quella pace conquistata e garantita per decenni sembra cadere nell’oblio di fronte alle sirene di nuovi nazionalismi e di chi adombra il ritorno a pericolose chiusure facendo della sovranità una sorta di dogma laico. La coscienza di questa perdita di memoria emerge nelle parole con cui il vescovo di Roma aveva accettato il premio Carlo Magno, il 6 maggio di un anno fa. Lungi dal rivendicare l’opzione di un’Europa «cristiana» come soluzione alla crisi, Papa Francesco richiamava la necessità di superare lo schiacciamento sull’attualità, tornando alla comprensione delle ragioni storiche dell’esistenza dell’Unione. Nella visione del Papa vi è del resto la consapevolezza che l’Europa unita e pacificata ha rappresentato un bene anche per le chiese e le comunità religiose. In quello spazio comune i credenti hanno imparato a superare quelle diffidenze e reciproche accuse sedimentatesi nei secoli, hanno saputo storicizzare un passato fatto di guerre sanguinose che il principio di tolleranza aveva interrotto ma non pacificato e hanno iniziato a fare di quel retroterra così controverso un patrimonio comune e condiviso.
Se allora la crisi europea interroga le comunità religiose, queste ultime sono chiamate a offrire il loro contributo per ricucire le lacerazioni che hanno ferito il tessuto europeo e ne mettono a rischio l’integrità. Sono questi i punti di una riflessione che il 19 marzo a Pistoia impegna l’Azione Cattolica, assieme al Meic e alla Fuci e a tante comunità religiose presenti in Toscana, in occasione del «Progetto cittadinanza» intitolato quest’anno «L’Europa e le fedi. Quale contributo alla costruzione della casa comune» e che vede la partecipazione di Alberto Melloni, Paolo Branca e Giorgio Tonini. Guardare all’Europa che si lacera con gli occhi dei credenti significa fare tesoro di una capacità di dialogo, di ascolto e di costruzione di opzioni comuni che è maturata grazie alla pace europea, superando secoli di conflitti che sembravano senza fine. Forse è ripartendo da questa quotidianità delle chiese e delle comunità religiose che si può intuire il profilo di quell’idea d’Europa che può continuare ad essere un grande modello di pacificazione.
Il convegno Il lungo periodo di pace ha fatto bene anche alle chiese. Domenica se ne parlerà a Pistoia