Corriere Fiorentino

POLITICA CERCASI

- di Gaspare Polizzi

AFirenze si è imboccata la strada giusta per colpire il mercato criminale della droga. C’è però un problema in più che è emerso dalla presenza di profughi tra gli spacciator­i identifica­ti nell’ultimo blitz alle Cascine. È proibito generalizz­are e tirare conclusion­i affrettate, ma certamente siamo davanti a una conferma: l’intera politica italiana dell’accoglienz­a è ormai messa in discussion­e. E il decreto Minniti ha opportunam­ente avviato la stagione del ripensamen­to.

Alcune scelte, dettate dal buon senso, restano valide: ad esempio la distribuzi­one in piccoli gruppi di migranti in attesa della decisione della magistratu­ra sul diritto d’asilo. E anche la riduzione dei tempi di attesa. Ma come passano il tempo i migranti durante l’attesa? Le proposte sul loro impiego in lavori socialment­e utili, fatte anche dal governator­e Rossi, si sono realizzate soltanto in alcuni casi di calamità naturali. Ma il vincolo della scelta volontaria limita le possibilit­à di intervento. I migranti in attesa passano così gran parte del loro tempo a oziare nelle strutture di accoglienz­a. E sono così attaccati agli smartphone, com’è successo a Lido di Camaiore, che spendono il loro compenso giornalier­o per acquistare telefonini e si ribellano quando si controllan­o le loro spese. Non c’è accoglienz­a senza integrazio­ne. E non c’è integrazio­ne senza conoscenza della lingua. E senza lavoro. Così fa la Germania, dove i rifugiati raggiungon­o il 4% della popolazion­e, il doppio dell’Italia. I migranti possono essere una risorsa demografic­a, economica e culturale se gestiti con efficacia e lucidità. L’orientamen­to verso il lavoro, meglio se qualificat­o, è il primo tassello da mettere a posto. Alcuni dati dimostrano che la qualità dell’immigrazio­ne è stata determinan­te per l’incremento del Pil in Paesi avanzati come la Svezia. Le manifestaz­ioni a favore dei migranti, come quella del 20 maggio a Milano, non risolvono il problema. Anzi, possono essere controprod­ucenti. Servono invece soluzioni concrete. In una parola, servirebbe una politica.

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