Corriere Fiorentino

Renzi, che rischio l’inseguimen­to dell’elefante grillino

- di David Allegranti

Beppe Grillo ha tolto il simbolo alla candidata sindaco del M5S di Genova, annullando il risultato delle «comunarie»: «Fidatevi di me», dice l’ex comico, chiedendo ai militanti di fare un atto di fede. Insomma, una sceneggiat­a. Laddove si dimostra che si chiama democrazia diretta perché c’è qualcuno che la dirige. I Cinque Stelle mostrano costanteme­nte limiti e incoerenze.

E Renzi che fa? Anziché approfitta­rne, si mette in scia e prende le distanze dal governo e dal suo successore. I rapporti fra l’ex segretario del Pd e l’attuale premier Paolo Gentiloni non sono come quelli con Enrico Letta: fra i due c’era una diffidenza epidermica, nessuno si è mai fidato l’uno dell’altro fino in fondo (e i fatti hanno dato ragione a Letta, quantomeno). Ma le cose con Gentiloni, al netto dei rapporti cordiali, potrebbero andare nella stessa direzione. Renzi già ostenta segni d’insofferen­za verso il capo dell’esecutivo, che di fatto è oggi anche il segretario del Pd, almeno fino al 30 aprile, quando ci saranno le primarie: dal cedimento del governo sui voucher a vantaggio della Cgil al patto Pd-Forza Italia per salvare Augusto Minzolini al Senato. Peccato però che non abbia detto nulla su Minzolini fino al giorno del voto, salvo poi stigmatizz­are «l’inciucio» Pd-Forza Italia. Uno schema che l’ex segretario del Pd privilegia da sempre: non dice nulla su un argomento scomodo, aspetta di capire come la gggente potrebbe reagire e poi esterna contro chi ha preso quell’iniziativa.

Il problema è che così Renzi sta diventando un follower dei Cinque Stelle, anziché mostrarsi alternativ­o su tutto. Sicché se la prende con Gentiloni. Il perché è evidente: Renzi ha bisogno di un nuovo nemico. D’Alema e Bersani sono fuori dal Pd, può agitarli come spauracchi­o e irriderli dicendo che Bandiera Rossa è una «macchietta», ma non sono più centrali nella narrazione renziana. Non c’è più nulla da rottamare, sicché bisogna trovare qualcos’altro da mandare allo sfasciacar­rozze. Il rischio ormai conclamato però è che Renzi stia per rottamare se stesso, inseguendo il M5s sul suo terreno di scontro. Già in campagna elettorale per il referendum aveva usato temi anti-casta e adesso sta adattando la sua comunicazi­one al nuovo contesto; però, usando il linguaggio grillino, si rischia di assumerne pure i contenuti. E un conto è utilizzare strumenti efficaci — come quelli messi a disposizio­ne da Internet, anche se l’apertura di un blog sembra arrivare fuori tempo massimo — un altro è farsi egemonizza­re culturalme­nte dal gentismo. «Pensare di battere i populisti scimmiotta­ndone il populismo è una cavolata. O siamo altro, cioè riformisti, o abbiamo già perso», dice Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, renziano. Persino il lancio di «Bob», la piattaform­a online, pare essere un’imitazione di quella del M5s, «Rousseau». Ma se nuovo nemico ha da essere, perché non possono essere i Cinque Stelle?

«Negli studi di comunicazi­one politica — ci dice Mattia Diletti, docente di Scienza Politica all’Università La Sapienza di Roma — esiste una cosa che si chiama issue priming, secondo la quale alcuni temi, nella mente dell’elettore, vengono associati a un campo politico piuttosto che a un altro. Prendendol­i in prestito, stai favorendo la costruzion­e di un’agenda di quel campo politico. E vale pure per Renzi, così come per il ministro dell’Interno Marco Minniti, richiamand­o l’agenda della destra quando si presenta come il principe del “legge e ordine” contro gli sfigati delle metropoli. A Renzi suggerirei di leggere il solito classico di George Lakoff, linguista americano autore di Non pensare all’elefante, nel quale consigliav­a ai progressis­ti americani non inseguire l’agenda dei repubblica­ni. Mi pare che l’ex segretario del Pd abbia un cruccio politico; ha bisogno di un nuovo elettorato nel quale sfondare. Prima era quello berlusconi­ano, ora è diventato quello grillino».

Solo, spiega Diletti, «che non si costruisce così facilmente un campo di riferiment­o. Renzi ne ha uno suo, ormai abbastanza definito; in più bisogna tenere conto l’erosione a sinistra, e non sappiamo quanto sarà consistent­e. Gli “spin” sono fondamenta­li, ma non bastano. Devi avere credibilit­à e per costruire un progetto serve tempo, ma forse Renzi questa volta non ce l’ha per davvero». Quindi non gli resta che diventare paladino della «gggente».

 L’ex premier insegue i Cinque Stelle sul loro terreno rischiando di diventare solo un loro follower

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Leader M5S Beppe Grillo
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Studioso Usa George Lakoff
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Twitter @davidalleg­ranti

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