Corriere Fiorentino

Una sartina spietata nella città che cresce

- Di Luca Scarlini

«Non fo per dire perché è mia figliola, ma una ragazza come lei non c’è. Una ragazza positiva e senza grilli per la testa. E che figura fa fare alla roba! Basta che si metta un cencio addosso, pare una principess­a. E poi bisogna sentire la maestra come la porta in palmo di mano! Lo sa come dice: la Velia ha le dita fatate». Così viene descritta dalla madre, l’ambigua Nastasia, la fascinosa femme fatale protagonis­ta del capolavoro di Bruno Cicognani, uscito da Treves nel 1923. Si tratta di una vicenda personale che è anche l’epopea di una parte di Firenze vista al momento della sua trasformaz­ione, all’inizio del ‘900, in cui si inscrive il personaggi­o che resta nella memoria di una donna avida di piacere, lusso e dominio che usa il proprio fascino come arma. La sartina dotata di buon gusto per gli abiti propri e altrui, ci metterà poco, infatti, a sedurre il legnoso e tardo Beppino, erede di un patrimonio di costruttor­i edili, e a mandarlo in rovina. La sua determinaz­ione, terribile, spietata è il motivo primo della narrazione, in cui si trova anche un diario della metamorfos­i dell’agglomerat­o urbano delle Cure che cambia il profilo di un territorio fino a poco prima agricolo. La recente riedizione presso Mauro Pagliai, per le attente cure di Maria Panetta, ripropone uno dei nodi della rappresent­azione narrativa della città nel Novecento, una storia portata in tv con successo da Mario Ferrero nel 1980, con Pamela Villoresi.

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Scrittore Bruno Cicognani
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