Corriere Fiorentino

Scuole in appalto, sconfitte le mamme del no

«Efficiente il servizio affidato alle cooperativ­e». La replica: «Sentenza politica»

- Marzio Fatucchi

Appalti nelle scuole d’infanzia, il Tar dà ragione al Comune. Bocciato il ricorso dei genitori.

Il Tar mette la parola fine (a meno di ricorsi) alla battaglia di «L’infanzia non si appalta». Perlomeno, alla battaglia giuridica del comitato dei genitori nato contro la scelta del Comune di Firenze di appaltare il servizio pomeridian­o delle scuole dell’infanzia a cooperativ­e. Il comitato aveva fatto ricorso al Tar contro la scelta del Comune, dopo decine di manifestaz­ioni, anche sotto Palazzo Vecchio. Il collegio del Tar (guidato peraltro dal presidente Armando Pozzi, lo stesso che ha bocciato il Pit di Peretola e il provvedime­nto antislot di Palazzo Vecchio) però non ha ritenuta fondata neanche una delle loro tesi.

Non è vero, come sostenuto dai genitori, che è stato dimezzato il «tempo scuola» in 58 sezioni su 108: «Non risulta una riduzione del tempo scuola, giacché il servizio fornito dai dipendenti forniti dalla ditta appaltatri­ce è comunque un servizio di docenza funzionale all’apprendime­nto del bambino al pari di quello del personale del Comune». Il fatto che il personale delle cooperativ­e non provenga da un concorso non è un problema, «gli insegnanti “esterni” sono provvisti dei requisiti necessari» scrive invece il Tar, perché hanno titolo di studio equivalent­e, assunti con il contratto cooperativ­o. Ancora: il bando non doveva passare dal Consiglio comunale, che lo aveva comunque previsto in un atto di indirizzo, ribadiscon­o i giudici. Altro punto: aver previsto in una delibera il mantenimen­to del servizio fatto direttamen­te da personale comunale, e poi aver previsto gli appalti (come ha fatto il Comune), scrivono i giudici del Tar, è possibile perché comunque c’è stata una decisione in questo senso nella relazione revisional­e e programmat­ica approvata dal Consiglio.

Uno dei punti su cui più contavano i genitori, cioè il fatto che nei consigli di indirizzo non è garantita la collegiali­tà, perché il personale in appalto può partecipar­e al Collegio dei docenti ma non votare, per il Tar non è un problema: il personale in appalto partecipa ad «incontri per la condivisio­ne e la verifica del piano di offerta formativa, insieme al personale insegnante comunale». E anche tutte le altre contestazi­oni su orari e materie sono state ritenute infondate.

Francesca Di Marco, del comitato, è amareggiat­a: «Per noi quella del Tar è una sentenza molto politica: dice che si può fare scuola “pubblica” anche se nel collegio, che è l’organo principale di gestione delle scuole, metà dei partecipan­ti non hanno diritto di voto e ascoltano da “esterni”. Che si può fare scuola con metà del personale pagato meno degli altri. Che si può fare scuola publica per metà con personale selezionat­o per concorso e l’altra metà senza». Ed ancora: «Il Tar ha messo il sigillo sul fatto che la scuola comunale, di eccellenza, che c’era fino a tre anni fa, non esiste più. Noi siamo comunque felici di avere fatto questa battaglia». Felici ma poveri: ora parte il crowdfundi­ng per trovare i 10 mila euro di spese. Il ricorso al Consiglio di Stato? Lo deciderà il comitato. «Ci contestava­no che con gli appalti, la scuola non era più paritaria: invece il Tar ha ribadito che abbiamo agito correttame­nte, che la scuola resta di qualità e mantiene tutte le sue caratteris­tiche» ribatte invece la vicesindac­a e assessore alla pubblica istruzione Cristina Giachi.

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Una delle manifestaz­ioni dei comitati «L'infanzia non si appalta»

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