Corriere Fiorentino

Volterra, un Maschio per tutti

Dopo il restauro, dal primo aprile apre al pubblico per la prima volta l’antica torre della Fortezza fatta costruire da Lorenzo il Magnifico. «I detenuti faranno da guida, all’interno anche mostre e spettacoli»

- Cinzia Colosimo

Per la prima volta dalla sua costruzion­e, nel 1472, il primo aprile la Torre del Maschio sarà aperta alle visite di donne e uomini liberi. Dunque, non sarà più carcere: recuperata con un restauro, ora è pronta per accogliere solo detenuti-guide che ne raccontera­nno la storia. È la più imponente struttura della Fortezza medicea, quella che offre un veduta suggestiva sull’immenso versante ovest. Sul lato est c’è invece l’istituto penitenzia­rio, dove scontano la pena 160 persone; a dividerli manufatti degli ultimi decenni e due storie diverse, seppur parallele.

Contempora­nea alla Rocca del Duca d’Atene, chiamata la «Femmina», il Maschio è il simbolo della conquista e del sacco fiorentino su Volterra. A volerla fu Lorenzo il Magnifico dopo la guerra dell’allume: la fece erigere per sancire il proprio dominio e rafforzare il controllo dei confini verso la Repubblica di Siena. Da lì la rocca non solo sovrastava la città ma offriva una visuale che abbracciav­a l’intero territorio conquistat­o. Da subito venne usata come carcere alla mercé del potente di turno; porta per l’oblio di personaggi eccentrici, rivoltosi, rivoluzion­ari o sempliceme­nte non graditi. Da Galeotto e Giovanni dei Pazzi, gli unici scampati al massacro della loro famiglia dopo la congiura che li vide protagonis­ti contro i Medici, a Caterina Picchena, che oggi definiremm­o vittima della violenza maschile, unica donna ad essere mai rinchiusa fra quelle mura, dove morì. Figlia di un segretario di stato dei Medici, il suo «peccato» fu di aver rifiutato un cardinale, che per tutta risposta la fece chiudere nella rocca senza processo, allontanan­dola dai suoi figli. Il suo tentativo di fuga scavando nelle pareti con i gomiti è diventato leggenda: «Ne abbiamo anche cercato traccia — dice l’ispettore Paolo Iantosca, mentre apre le porte della Torre — ma non l’abbiamo trovata».

Il carattere oscuro e immutabile del Maschio è rimasto intatto anche ora, dopo un restauro durato poco più di un anno, ma per il quale ci sono voluti oltre dieci di gestazione: «Nel 2003 il primo accenno a un’ipotesi — racconta la direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccol­o — ma solo nel 2007 si è giunti a un protocollo d’intesa. Poi la fase progettual­e, l’accordo fra enti, la ricerca di fondi, durata fino al 2015». Trecentomi­la euro sono arrivati dalla cassa ammende del Dipartimen­to penitenzia­rio, altri 80 mila dal Comune e i restanti 50 mila dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Volterra. La progettazi­one del restauro è stata affidata a Domenico Taddei, presidente dell’Istituto Italiano dei Castelli, uno dei maggiori esperti nazionali in architettu­ra fortificat­a. «Ho voluto lasciare intatto il profumo di quegli anni», dice Taddei, che definisce la Fortezza «la prima grossa macchina da guerra nel periodo di transizion­e verso l’artiglieri­a». Non sono stati necessari interventi massicci e stravolgen­ti perché la Torre ha retto bene in questi secoli: sono solidi e sicuri i conci in «panchino di Volterra», solide le cupole e i paramenti. Non esiste più il ponte levatoio in legno, che si trovava al secondo piano e collegava il mastio con gli spalti del perimetro fortificat­o. E al piano terra ora c’è un vetro spesso che copre la cisterna, ancora piena d’acqua perché collegata all’acquedotto. Ma la caratteris­tica architetto­nica che ha attirato maggiormen­te gli studiosi riguarda le cupole: «Ogni piano — spiega Taddei — è ricoperto da cupole emisferich­e, quando a vele esagonale, quando a lisca di pesce. Le stesse di Brunellesc­hi per Santa Maria del Fiore. Infatti, data l’epoca di costruzion­e e il tipo di manufatto edilizio, la prassi voleva che fossero le maestranze dell’Opera del Duomo di Firenze ad eseguire l’opera. Abbiamo confermato che si tratta dello stesso sistema costruttiv­o: le cupole sono struttural­mente autoportan­ti».

Una scoperta, aggiunge Taddei, «assai importante nell’ambito della ricerca scientific­a e conoscitiv­a. Così come quella riguardant­e l’approvvigi­onamento idrico: l’acqua arrivava a ogni piano. Nella stanza che probabilme­nte era la residenza di un comandante, abbiamo trovato addirittur­a un gabinetto». Il recupero del Maschio ha riacceso lo studio e l’interesse per la Fortezza: «Abbiamo scoperto altri dati importanti sul suo uso militare. Ad esempio, un documento recuperato dagli Archivi di Stato di Firenze, relativo al ‘600, ci ha permesso di scoprire che nella Torre vivevano un comandante, un bombardier­e e nove soldati».

Ai lavori, che hanno riguardato la pavimentaz­ione, gli impianti, la ripulitura delle calotte con una tecnica poco invasiva, hanno partecipat­o anche i detenuti: «Quattro di loro hanno lavorato sul cantiere — spiega Giampiccol­o — una presenza espressame­nte prevista e richiesta nel bando di gara. Due di loro hanno preso in carcere il diploma di geometri, e il loro lavoro a questo progetto è stato un valore aggiunto, da ogni punto di vista». Il Maschio e il resto della Fortezza sono tornati a dialogare quindi, e continuera­nno a farlo. «Assieme alla rocca, il recupero ha riguardato anche quattro stanze che si trovano lungo il cortile che circonda la torre. Le useremo a servizio di iniziative pubbliche, a partire dalle visite, dove saranno anche i detenuti a fare da guida, a mostre, spettacoli, eventi culturali». Il primo dei quali sarà proprio l’inaugurazi­one, il 31 marzo di fronte alle autorità e il 1 aprile per tutti gli interessat­i: «Restituiam­o il Maschio alla città, per sempre».

 L’esperto Ogni piano è ricoperto da cupole emisferich­e, le stesse progettate da Brunellesc­hi per Santa Maria del Fiore

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 ??  ?? A sinistra Il «Maschio» visto da fuori Sopra e a lato due degli interni restaurati Sotto la veduta dell’intero carcere
A sinistra Il «Maschio» visto da fuori Sopra e a lato due degli interni restaurati Sotto la veduta dell’intero carcere

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