«Nei panni del mio amico Veltroni»
Massimo Ghini debutta alla Pergola con «Ciao», tratto dal libro dell’ex segretario del Pd
Walter Veltroni ha perso il padre, il famoso giornalista Rai Vittorio Veltroni, quando aveva un anno. Massimo Ghini ha visto i suoi separarsi quando ne aveva tre e «da allora ricordo una per una le pochissime volte in cui ho visto mio padre». Un politico, un attore, «la stessa situazione di nonrapporto col padre – commenta Ghini – lo stesso dolore per motivi diversi». Si incontrano a 15 anni su un campo da calcio e da allora sono grandi amici. Più di mezzo secolo dopo l’ex segretario del Pd fa i conti con l’assenza del genitore attraverso un libro, Ciao (Rizzoli). Che con la regia di Pietro Maccarinelli ora è diventato una piece teatrale in cui Ghini indossa i panni dell’amico.
«Walter, considerato l’argomento delicato, la fiducia nei miei confronti e la comune mancanza di un padre fin da piccoli, mi ha chiesto di interpretare la storia narrata nel suo libro. Si chiude il cerchio di due sofferenze parallele». Sarà la Pergola a portare questo spettacolo sul palcoscenico in prima nazionale da venerdì 24 marzo al 2 aprile. Teatro che «sta attraversando un momento di grandi risultati», spiega il direttore Marco Giorgetti citando gli oltre 2.500 spettatori per Cantiere Opera di Elio e Francesco Micheli al Niccolini, i quasi 5.500 per le 20 repliche di Elvira con Toni Servillo, e il trionfo delle Sorelle Materassi con Lucia Poli che ha toccato gli 8 mila spettatori.
Ad affiancare Ghini-Veltroni c’è il giovane Francesco Bonomo che interpreta il fantasmasogno del padre Vittorio Veltroni morto a 37 anni. I ruoli si invertono: il figlio è l’anziano, il padre è il giovane. «Due mondi, due Italie, quella degli anni Cinquanta di Vittorio e quella contemporanea di Walter, dialogano – spiega il regista Maccarinelli – Si parla di memoria, di luoghi che hanno un’anima, di verità rimaste a metà». E tra le pieghe di una storia che è quasi totalmente intima, personale, «coraggiosa nella sua veridicità» e «spudorata nel suo mettersi in discussione» come la vede lo stesso protagonista, si innesta il confronto tra due momenti storici, quello dell’adesione al fascismo e le domande sull’oggi: «Cosa sta succedendo alla nostra libertà, alla democrazia? Davvero si ricominciano a percepire segnali e suggestioni terribili come allora?». È la domanda che lo stesso autore si fa. Che lo spettacolo recupera, intrecciando il «racconto della relazione mancata di due persone al costume italiano di oggi e degli anni Cinquanta».
Domanda che lo stesso Ghini, le cui simpatie politiche di sinistra non sono mai state celate, cova dentro di sé. «A un certo punto del dialogo tra i due, il mio personaggio chiede al padre perché non fosse stato un capo partigiano. Mi sono commosso perché il mio lo è stato». Sentimenti politici e sociali corrono in parallelo con quelli più intimi e privati: «Non lo abbiamo trattato come un romanzo d’appendice ottocentesco — scherza Ghini — Quel genere di romanzi che la sinistra rifiuta sempre, ma poi ci si ritrova immancabilmente dentro». Martedì 28 alle 18 Walter Veltroni, Massimo Ghini e Francesco Bonomo incontreranno il pubblico nel foyer del Teatro. Coordina Riccardo Ventrella.
Lo conosco da quando avevamo quindici anni, abbiamo condiviso lo stesso dolore di aver vissuto senza un padre E nello spettacolo mi chiedo che fine ha fatto la democrazia