Sua figlia fu costretta a cambiare scuola, ora scrive ai politici: siate con i più deboli
«Se riuscirete, anche ricorrendo all’obbligo vaccinale per l’accesso alle scuole dell’infanzia, a impedire ad un solo bambino di sviluppare una grave malattia che avrebbe potuto facilmente prevenire, oppure se sarete riusciti a proteggere anche un piccolo paziente oncologico dalle immotivate paure che tormentano, pur comprensibilmente, molti altri genitori, potrete essere orgogliosi di avere assolto ai doveri più alti della politica». Lei è Corinna Verniani la madre di Lia, la bimba di Greve in Chianti affetta da una grave patologia che per molto tempo non è potuta andare a scuola perché i suoi compagni non erano vaccinati.
Da più di un anno Corinna ha iniziato una battaglia pro vaccini in un paese dove resiste un composito fronte del no, una battaglia a colpi di condivisioni di link, di interviste, di denunce e di lettere. Come quella che ha scritto a Stefano Scaramelli (Pd), il presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale della Toscana che mercoledì ha ricevuto le «mamme del no» e dopo ha espresso forti dubbi sia sul numero di vaccini obbligatori previsto nel disegno di legge dell’assessore Stefani Saccardi che sul divieto di accedere anche alle scuole materne per i non vaccinati. Proprio Saccardi ha rilanciato sul suo profilo Facebook la lettera di Corinna, riscuotendo centinaia di like e commenti. Segno che le parole della mamma di Greve hanno toccato il cuore di molti.
Parole misurate le sue, mai fuori le righe, rispettose e che, come scrive l’assessore Saccardi, «speriamo facciano riflettere i genitori contrari all’obbligatorietà delle vaccinazioni per l’iscrizione a nido e materna. #dammiunvaccino». «Sono la mamma della bimba di Greve — l’incipit del post della donna — che lo scorso anno ha cambiato scuola perché nella sua classe vi era una concentrazione di bambini non vaccinati troppo alta per tenerla al sicuro da malattie che probabilmente, il suo sistema immunitario acciaccato non riuscirebbe a combattere per lei. Le scrivo per sottoporre alla sua riflessione ciò che ho ricavato dalla mia esperienza personale, perché spero possa offrirle uno spunto. Come già ho avuto modo di dire all’assessore Saccardi, io non posso che plaudire e con decisione alla scelta della politica e di più, della mia Regione, di elevarsi dal mero inseguimento del consenso per mettersi al fianco dei deboli, trascurando la popolarità».
Secondo la mamma di Lia, «ci sono momenti in cui tutti, genitori, cittadini e politici siamo chiamati ad affrancarsi dai dubbi che la nostra emotività ci pone e affidarci alla razionalità. Per me, questo è avvenuto quando ho trasportato in codice rosso mia figlia di due anni al Meyer per una encefalite molto grave ed ho scoperto che non sempre le malattie possono essere curate. Come tutti i genitori disperati, ho cercato fuori e dentro di me le risposte a quel “perché proprio a noi” nel tentativo di lambire quell’atroce strazio che ti travolge quando il tuo bambino si ammala seriamente ed ho capito che questa strada avrebbe soltanto portato ulteriore sofferenza e rabbia. Questo è il momento in cui è diventato chiaro che la paura doveva lasciare il posto alla ragione, perché era l’unica scelta che poteva salvare la vita».
Da allora Corinna si è spesa per cercare di convincere più persone possibili che «scegliere in base al timore e al sospetto può rivelarsi fatale e che le vaccinazioni non sono un atto da temere ma un’offerta di salvezza. Ma ciò che più di tutto mi muove è la volontà ferrea di cercare di evitare a qualunque altra persona, anche fosse soltanto una, di passare quello che abbiamo passato noi. So bene che non possiamo difendere i nostri figli da quasi niente, ma rimane un quasi, quel quasi che assolutamente ha diritto di essere garantito a tutti. Io credo che la politica debba essere l’argine entro cui tutti possano essere, senza necessariamente sentirsi, tutelati». La mamma di Greve nella sua lettera al presidente Scaramelli ripete continuamente, e come fosse un mantra, che «i vaccini sono tra le poche vere armi di protezione che abbiamo perché finire in ospedale non è sempre garanzia di salute».
Non inseguite il mero consenso. Vostro dovere è salvare anche un solo bambino