Su Firenze tre udienze al giorno Il Comune perde metà dei ricorsi
Dai dehors alle slot machine: tutte le sfide davanti ai giudici amministrativi
Ogni mattina, l’avvocatura del Comune di Firenze si alza e sa che dovrà correre al Tar per affrontare un’udienza. Anzi, almeno due: perché ci sono ricorsi che si trascinano per più e più giorni. E, in modo salomonico, la matematica ci dice che è quasi un pareggio: chi ha impugnato un’ordinanza o un regolamento ha vinto nel 54% dei casi, mentre nel 46% ha vinto Palazzo Vecchio. È questa la brutale statistica, numeri alla mano, di come sono andati dal primo di gennaio ad oggi i ricorsi presentati contro atti del Comune di Firenze al Tar della Toscana.
Dall’inizio dell’anno, sono 81 i ricorsi che sono stati discussi davanti ai giudici amministrativi di via Ricasoli: l’aula è aperta tre giorni a settimana, al massimo. Quindi quasi ogni tre casi trattati al giorno riguardano il Comune di Firenze. Di questi, 57 hanno avuto una sentenza: in 26 casi hanno vinto gli avvocati di Palazzo Vecchio, nel resto i privati che hanno contestato le scelte dell’amministrazione. Tra le sconfitte del Comune, ci sono anche le 12 cause contro l’ordinanza anti slot machine. Mentre tra le vittorie di Palazzo Vecchio, c’è quella contro il ricorso delle mamme contro gli appalti nelle scuole d’infanzia. L’altra sconfitta che brucia moltissimo a Palazzo Vecchio, tra le più recenti, è quella sui dehors di piazza Duomo. Qui erano state cancellate le autorizzazioni date nel 2011 e poi ritirate, d’intesa con la sovrintendenza, da Palazzo Vecchio. Ora i locali potranno richiedere i permessi e reinstallare i dehors sotto la Cupola. Il Comune minaccia ricorso al Consiglio di Stato. Altro caso pesante è stato la bocciatura di parte del Regolamento urbanistico, in uno dei suoi fulcri centrali, i «volumi zero». Perso anche il ricorso contro la prima ordinanza anti minimarket. E anche quando il Comune ha vinto, come nel caso dei gonfaloni pubblicitari, la sentenza è arrivata dopo un conflitto durato quasi 10 anni davanti ai giudici amministrativi, risolto solo dal Consiglio di Stato. Ancora: ci sono voluti 6 anni a Palazzo Vecchio per aver ragione su un esercente di un locale con le macchinette che vendono cibo: lui voleva aprire 24 ore su 24, il Comune aveva stabilito un massimo di 13 ore. Dehors in piazza Duomo: sconfitta di Palazzo Vecchio Aeroporto: bocciato il Pit della Regione con la pista parallela
Casi complessi, diversi ognuno dall’altro. E come tali vanno giudicati, rivendica il presidente del Tar Armando Pozzi. «Noi facciamo una comparazione di interessi in gioco» ha spiegato ieri. E sulle slot machine, conta di più la libera iniziativa economica rispetto al rischio di ammalarsi di gioco? «Se esiste un regime giuridico per cui lo Stato autorizza qualcuno ad aprire qualcosa, per farlo chiudere devi spiegare bene perché. Nel comparare gli interessi devi tenere conto delle ludopatie e della libertà di iniziativa economica. Ma sulla base di norme, regole tecniche: non applicando il sentimento di favore o sfavore contro qualcuno». E poi, «non è vero che abbiamo bocciato tutto, sulle slot. Non abbiamo accolto tutti i rilievi, ma il ricorso è stato accolto per difetto di motivazione, istruttoria e contradditorietà». In che senso? «Non si può — risponde Pozzi — sollevare il problema dell’aumento delle ludopatie tentando di tutelare “le fasce giovanili” ma poi parlare anche di zone da proteggere abitate da ultra 40 enni, come ha fatto il Comune. Bastava dire: volevamo tutelare giovani e pensionati, i primi nella zona X, gli altri nella zona Y». Ma resta il problema di fondo: «Come fa lo Stato ad essere severo contro le slot e poi autorizzarle? Cioè ad essere uno stato biscazziere e uno stato sanitario?». Insomma, «qui si applica il diritto senza guardare in faccia a nessuno. Privato o pubblico che sia. E le sentenze non vanno commentate. Se non si ritengono giuste, c’è l’appello». Magari, ci fossero leggi meno contraddittorie, ci sarebbero meno guai anche per il Tar.