Corriere Fiorentino

Campo, poesia della gioia

Personaggi Domani a 40 anni della morte un convegno sulla scrittrice a Palazzo Medici Riccardi La curatrice Maria Pertile: «Cercava l’invisibile, parleremo della sua visione mistica della vita»

- Chiara Dino

Non è scommessa facile quella di Maria Pertile e Giovanna Scarca, domani dalle 9 alle 19 alle prese con il convegno su Cristina Campo in programma al Salone Luca Giordano di Medici Riccardi con il titolo «Chi ci insegnerà l’arte della gioia» a 40 anni dalla morte della poetessa, traduttric­e, scrittrice e filosofa. E non lo è, perché come ci dice una delle due curatrici, Maria Pertile, «Abbiamo voluto mettere in campo dei lettori “nuovi” di questa donna a cui da tanto sia io che Giovanna dedichiamo studi da anni». E nuovi vuole dire diversi da quelli che siamo abituati a ritenere gli esegeti della sua scrittura. Non ci saranno, domani, Monica Farnetti sua storica studiosa e curatrice anche per Adelphi, non ci sarà, Margherita Pieracci Harwell, l’amata «Mita» destinatar­ia di tantissime lettere da parte della stessa Campo, né Cristina Di Stefano, autrice di una biografia dedicata alla stessa scrittrice o il Gabinetto Vieusseux che pure custodisce il suo fondo. «Non un vulnus per noi — dice ancora Pertile— anche se ci dispiace l’assenza del Vieussex che pure avevamo invitato, quanto la voglia di scoprire una nuova chiave di lettura a 40 anni dalla morte di un’intellettu­ale legata a Firenze come poche (pur essendo nata a Bologna visse qui dal ‘43 al ‘55, poi si sarebbe spostata a Roma ndr).

Ed eccola dunque questa nuova chiave di lettura che è il tentativo «rileggere il patrimonio poetico, saggistico, epistolare, spirituale e mistico dell’autrice attraverso nuclei sapienzial­i essenziali quali: la bellezza “quarta virtù teologale”, la poesia come visione (e non cronaca), l’infinito nel finito, il tempo e la storia compenetra­ti nell’eterno, la parola che si fa poesia e preghiera». Ragion per cui chiediamo alla Pertile.

Verrà fuori una visione cattolica di questa scrittrice?

«Non solo, ma certo questo è un tema che ci interessa, prova ne sia che tra i relatori ci sarà anche José Tolentino Mendonça, (poeta e sacerdote ndr.) esperto di mistica cattolica che ci parlerà dell’immensa avventura del credere nella Campo. Ma siamo consapevol­i che per la nostra poetessa il tema della mistica fu più ampio. Cristina fu sempre alla ricerca dell’invisibile e dell’assoluto. Fu educata religiosam­ente ma senza eccesso e riconobbe la fascinazio­ne dell’infinito in tutte le culture del mondo: si occupò del diritto del popolo tibetano a professare la sua fede malgrado l’invasione cinese. Fu attratta e lesse con attenzione le Upanishad (testi di mistica indiana ndr), si interessò di ebraismo e dalle filosofie dell’Oriente estremo. Fu compagna di Elémire Zolla».

Un po’ come Simone Weil amatissima da Paolo VI ma mai battezzata, una che metteva insieme il pensiero di Nietzsche e la sua passione per la figura di Cristo...

«Esatto, Simone Weil, che fu per Cristina una lettura costante, era una sorta di sorella per lei, e di questo parlerà durante il convegno il filosofo Giuseppe Goisis. La Weil come lei stessa aveva coltivato la “religione” dell’attenzione, la complessit­à del pensiero, l’attrazione per la ricerca della verità. Pensi che la definiva “l’angelo terribile che mi rende tangibile tutto ciò che non oso credere”. Nella Campo questa attrazione per l’assoluto e la perfezione si incanalò nel suo lavoro sulle fiabe, nelle sue poesie, nelle sue straordina­rie traduzioni di poeti come Hölderlin, Williams Carlos Williams, John Donne, e nel suo epistolari­o, quello sì rivelatore e profondame­nte denso».

Firenze fu centrale nella formazione della Campo: qui incontrò l’amica Mita, Gabriella Bemporad, Mario Luzi, Gianfranco Draghi, qui si interessò al lavoro di Danilo Dolci. Qui pubblicò le sue prime traduzioni di Katherine Mansfield. Cos’altro significò Firenze per Cristina?

«Fu il luogo dove conobbe sì molti intellettu­ali, ma anche quello dove conobbe la tragedia della guerra. A Firenze si confrontò per la prima volta con la morte perché durante i bombardame­nti perse la sua amica Anna Cavalletti, compagna di lettura e dei primi esercizi di scrittura. Cristina, ma il suo vero nome era Vittoria Guerrini, ne pubblicò poi parte dei diari nella Posta letteraria del Corriere dell’Adda. La morte di Anna fu uno snodo fondamenta­le per la sua esistenza. Questo dolore immenso fu anche la prima esperienza forte che ne avrebbe condiziona­ta la produzione poetica e gli interessi letterari».

E la disciplina della gioia con tutto questo cosa c’entra?

«La Campo ha una sua visione intensa e interessan­te della gioia. Intanto lei ci ricorda che esiste e che va ricercata. Ma ci dice che piuttosto che individuar­la nella felicità spicciola, nell’appagament­o immediato dei desideri, essa è il risultato dell’attraversa­mento di tutto ciò che la contraddic­e: attraversa­mento, comprensio­ne, trasformaz­ione del dolore».

Quali saranno gli altri temi che toccherete durante il convegno?

«Credo che un intervento interessan­te su un tema poco battuto, sarà quello di Maria Josep Balsach che insegna arte contempora­nea all’Università di Girona, in Spagna: lei ovviamente parlerà della sapienza della Campo in ambito artistico facendo una sorta di mappatura dei luoghi e dei capolavori artistici citati nei suoi scritti».

C’è anche Emanuele Trevi tra gli ospiti...

«Sì esatto. Lui l’ha considerat­a una maestra, proprio insieme con Simone Weil. E ci tenevamo particolar­mente che fosse qui con noi».

Ma non siete riusciti a convincere Margherita detta «Mita»...

«Margherita Pieracci Harwell era molto interessat­a al nostro convegno, ma è una donna di 87 anni. Quando lo abbiamo organizzat­o anche grazie Centro studi famiglia Capponi, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e il Pontificum Consilium de Cultura lei ci disse che, data la sua età, non si sentiva di prendere impegni prima, e ora ci ha detto che non riuscirà a essere presente. Ci dispiace molto».

 Chiamava Simone Weil l’angelo terribile che mi rende tangibile tutto ciò che non oso credere

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Personaggi A sinistra Cristina Campo Sopra Simone Weil, a destra Elémire Zolla, sotto Margherita Pieracci Harwell
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