Corriere Fiorentino

Innovazion­e

Dall‘orario flessibile ai benefit per il nido dei figli e le vacanze, dalla previdenza complement­are alle polizze sanitarie: così le Pmi toscane provano a integrare il reddito dei propri dipendenti, aggiudican­dosi anche qualche premio. Ma la micro-dimensi

- Di Giulia Gonfiantin­i

Le piccole imprese alla grande sfida del nuovo welfare

Piccole ma decise a non rinunciare ai benefici del welfare aziendale. Anche se viviamo un tempo in cui le risorse pubbliche sono poche, e nonostante la contrattaz­ione integrativ­a nelle piccole e medie imprese sia più ardua da realizzare, trovare strade alternativ­e è possibile. «Bisogna essere sempre aggiornati su quello che la legislazio­ne consente e non aver paura di essere pionieri», dice Piero Iacomoni, fondatore e presidente dell’aretina Monnalisa Spa, azienda di abbigliame­nto per bambini che quest’anno si è aggiudicat­a il massimo punteggio del rating Welfare Index Pmi promosso da Generali, da cui ha ricevuto anche la menzione speciale «Valore donna». Nell’azienda aretina le 105 collaborat­rici (su un totale di oltre 160) usufruisco­no di flessibili­tà d’orario e part time, ma anche di polizza sanitaria, previdenza complement­are, formazione e flexible benefit, utilizzabi­li per spese che vanno dal nido alle vacanze. «A fare la differenza non sono il budget o la dimensione aziendale — prosegue Iacomoni — ma l’approccio di valore. Investiamo in modo coerente con le nostre proporzion­i e col tempo abbiamo voluto spendere meglio, intercetta­ndo le opportunit­à offerte dal legislator­e e cercando di andare incontro alle esigenze dei collaborat­ori. La flessibili­tà, ad esempio, consente di tenere le persone legate all’azienda nei momenti in cui la vita le vede impegnate su più fronti — spiega Iacomoni — come nel rientro dalla maternità: se si trovano soluzioni condivise se ne esce tutti vincenti».

Nel Welfare Index Pmi si è distinta anche un’altra impresa toscana altrettant­o «rosa»: si dello studio profession­ale pistoiese Piermassim­o Aversano, le cui cinque collaborat­rici scelgono liberament­e le ferie e l’orario di ingresso e uscita. Nello studio di ragioneria, attivo da quasi 40 anni e dalle dimensioni di microimpre­sa, si può inoltre contare su polizze, previdenza e sanità integrativ­a, ma anche sullo smart working, utile per chi ha figli.

A Certaldo, invece, si trova una delle otto migliori «piccole» in cui lavorare in Italia secondo l’indagine «Great Place to Work Institute», promossa dal Corriere della Sera: si tratta di Sebach, azienda leader nel noleggio dei bagni chimici mobili che ha da poco celebrato 30 anni di attività. «L’ambiente lavorativo di Sebach è molto positivo — racconta l’Ad Antonella Diana — e i rapporti interperso­nali sono gestiti senza troppi formalismi ma nel pieno rispetto personale. Periodicam­ente vengono fatte attività come team building, pranzi e cene aziendali. Stiamo inoltre implementa­ndo un piano welfare aziendale, per il quale Sebach ha stanziato per ogni lavoratore un budget spendibile anche dai familiari attraverso benefit prestabili­ti. Intraprend­ere una strada simile — spiega Diana — vuol dire migliorare la qualità della vita lavorativa e il rapporto vita/lavoro, ma anche trasmetter­e il messaggio che il lavoratore non è solo un dipendente, bensì un valore per l’azienda».

Eppure, secondo il rapporto di Generali, le dimensioni incidono più della collocazio­ne geografica e per le Pmi è difficile, per una questione di risorse e competenze interne, fare welfare. La Toscana non fa eccezione: «Ci sono meccanismi introtratt­a dotti dalla legge di stabilità utili a promuovere il welfare aziendale — spiega Chiara Nencioni, responsabi­le dell’area sindacale per Cna Toscana — ma per le piccole è raro avvalersen­e, perché sono più adatti alla struttura delle grandi imprese. Ma negli imprendito­ri c’è molto interesse per questi temi». Intanto, l’associazio­ne di categoria sta mettendo a punto opzioni che vanno al di là del classico buono per la spesa o la palestra, come quella che prevede una rete tra aziende artigiane associate, che così possono scambiarsi servizi. «Alla fine, date le esenzioni, il welfare conviene a tutti — afferma Denise Neri, consulente del lavoro per Cna — e da quest’anno c’è la possibilit­à di convertire in beni il premio in denaro: così l’azienda non paga i contributi, mentre il lavoratore percepisce il lordo».

Le strade percorribi­li sono molte. «Nelle piccole imprese mancano, per motivi struttural­i, le rappresent­anze sindacali e spesso i dipendenti hanno con il datore di lavoro un rapporto diretto, da colleghi — spiega Fabrizio Fantappié, responsabi­le delle relazioni sindacali per Confartigi­anato Toscana — perciò qui è difficile che il welfare arrivi per via contrattua­le. Semmai, per le Pmi è più facile attuare interventi di welfare in senso più ampio, legati a flessibili­tà e conciliazi­one. Negli ultimi due anni, però, sono stati introdotti strumenti normativi che potrebbero avere efficacia propulsiva». Con l’Ente bilaterale dell’artigianat­o toscano (Ebret), l’associazio­ne ha stilato un rapporto sul welfare nelle imprese artigiane, conducendo un’indagine tra titolari e dipendenti, allo scopo di suggerire strumenti sovraziend­ali e un approccio territoria­le. «In altri termini, il contratto di secondo livello nell’artigianat­o potrebbe essere fatto non a livello aziendale, ma regionale: con Ebret stiamo ragionando su opzioni simili — conclude Fantappié — per capire se da parte di determinat­i organismi c’è spazio per accordi di welfare per il settore».

Monnalisa Spa La flessibili­tà consente di tenere le persone legate all’azienda in momenti particolar­i come il rientro dalla maternità Sebach Per ogni lavoratore stanzierem­o un budget spendibile anche dai familiari attraverso benefit prestabili­ti

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La percentual­e Per cento

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