Innovazione
Dall‘orario flessibile ai benefit per il nido dei figli e le vacanze, dalla previdenza complementare alle polizze sanitarie: così le Pmi toscane provano a integrare il reddito dei propri dipendenti, aggiudicandosi anche qualche premio. Ma la micro-dimensi
Le piccole imprese alla grande sfida del nuovo welfare
Piccole ma decise a non rinunciare ai benefici del welfare aziendale. Anche se viviamo un tempo in cui le risorse pubbliche sono poche, e nonostante la contrattazione integrativa nelle piccole e medie imprese sia più ardua da realizzare, trovare strade alternative è possibile. «Bisogna essere sempre aggiornati su quello che la legislazione consente e non aver paura di essere pionieri», dice Piero Iacomoni, fondatore e presidente dell’aretina Monnalisa Spa, azienda di abbigliamento per bambini che quest’anno si è aggiudicata il massimo punteggio del rating Welfare Index Pmi promosso da Generali, da cui ha ricevuto anche la menzione speciale «Valore donna». Nell’azienda aretina le 105 collaboratrici (su un totale di oltre 160) usufruiscono di flessibilità d’orario e part time, ma anche di polizza sanitaria, previdenza complementare, formazione e flexible benefit, utilizzabili per spese che vanno dal nido alle vacanze. «A fare la differenza non sono il budget o la dimensione aziendale — prosegue Iacomoni — ma l’approccio di valore. Investiamo in modo coerente con le nostre proporzioni e col tempo abbiamo voluto spendere meglio, intercettando le opportunità offerte dal legislatore e cercando di andare incontro alle esigenze dei collaboratori. La flessibilità, ad esempio, consente di tenere le persone legate all’azienda nei momenti in cui la vita le vede impegnate su più fronti — spiega Iacomoni — come nel rientro dalla maternità: se si trovano soluzioni condivise se ne esce tutti vincenti».
Nel Welfare Index Pmi si è distinta anche un’altra impresa toscana altrettanto «rosa»: si dello studio professionale pistoiese Piermassimo Aversano, le cui cinque collaboratrici scelgono liberamente le ferie e l’orario di ingresso e uscita. Nello studio di ragioneria, attivo da quasi 40 anni e dalle dimensioni di microimpresa, si può inoltre contare su polizze, previdenza e sanità integrativa, ma anche sullo smart working, utile per chi ha figli.
A Certaldo, invece, si trova una delle otto migliori «piccole» in cui lavorare in Italia secondo l’indagine «Great Place to Work Institute», promossa dal Corriere della Sera: si tratta di Sebach, azienda leader nel noleggio dei bagni chimici mobili che ha da poco celebrato 30 anni di attività. «L’ambiente lavorativo di Sebach è molto positivo — racconta l’Ad Antonella Diana — e i rapporti interpersonali sono gestiti senza troppi formalismi ma nel pieno rispetto personale. Periodicamente vengono fatte attività come team building, pranzi e cene aziendali. Stiamo inoltre implementando un piano welfare aziendale, per il quale Sebach ha stanziato per ogni lavoratore un budget spendibile anche dai familiari attraverso benefit prestabiliti. Intraprendere una strada simile — spiega Diana — vuol dire migliorare la qualità della vita lavorativa e il rapporto vita/lavoro, ma anche trasmettere il messaggio che il lavoratore non è solo un dipendente, bensì un valore per l’azienda».
Eppure, secondo il rapporto di Generali, le dimensioni incidono più della collocazione geografica e per le Pmi è difficile, per una questione di risorse e competenze interne, fare welfare. La Toscana non fa eccezione: «Ci sono meccanismi introtratta dotti dalla legge di stabilità utili a promuovere il welfare aziendale — spiega Chiara Nencioni, responsabile dell’area sindacale per Cna Toscana — ma per le piccole è raro avvalersene, perché sono più adatti alla struttura delle grandi imprese. Ma negli imprenditori c’è molto interesse per questi temi». Intanto, l’associazione di categoria sta mettendo a punto opzioni che vanno al di là del classico buono per la spesa o la palestra, come quella che prevede una rete tra aziende artigiane associate, che così possono scambiarsi servizi. «Alla fine, date le esenzioni, il welfare conviene a tutti — afferma Denise Neri, consulente del lavoro per Cna — e da quest’anno c’è la possibilità di convertire in beni il premio in denaro: così l’azienda non paga i contributi, mentre il lavoratore percepisce il lordo».
Le strade percorribili sono molte. «Nelle piccole imprese mancano, per motivi strutturali, le rappresentanze sindacali e spesso i dipendenti hanno con il datore di lavoro un rapporto diretto, da colleghi — spiega Fabrizio Fantappié, responsabile delle relazioni sindacali per Confartigianato Toscana — perciò qui è difficile che il welfare arrivi per via contrattuale. Semmai, per le Pmi è più facile attuare interventi di welfare in senso più ampio, legati a flessibilità e conciliazione. Negli ultimi due anni, però, sono stati introdotti strumenti normativi che potrebbero avere efficacia propulsiva». Con l’Ente bilaterale dell’artigianato toscano (Ebret), l’associazione ha stilato un rapporto sul welfare nelle imprese artigiane, conducendo un’indagine tra titolari e dipendenti, allo scopo di suggerire strumenti sovraziendali e un approccio territoriale. «In altri termini, il contratto di secondo livello nell’artigianato potrebbe essere fatto non a livello aziendale, ma regionale: con Ebret stiamo ragionando su opzioni simili — conclude Fantappié — per capire se da parte di determinati organismi c’è spazio per accordi di welfare per il settore».
Monnalisa Spa La flessibilità consente di tenere le persone legate all’azienda in momenti particolari come il rientro dalla maternità Sebach Per ogni lavoratore stanzieremo un budget spendibile anche dai familiari attraverso benefit prestabiliti