«Lì non c’è più lo Stato di diritto L’Italia protesti»
«Gabriele non ha compiuto nessun reato e se il motivo della detenzione è davvero la mancanza del permesso stampa, non è giustificabile un fermo così lungo». Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, collega la detenzione di Del Grande al crescente autoritarismo turco soprattutto nelle zone meridionali e sudorientali del Paese, dove l’esodo dei profughi siriani e le minoranze curde aumentano le criticità. «La zona in cui si trova Gabriele è una zona militarizzata e in stato di emergenza, dove le condizioni per uno Stato di diritto sono assenti». Non a caso, ricorda Noury, «il giornalista italiano non è mai stato contattato da nessun funzionario. Siamo di fronte a una detenzione arbitraria di una persona in stato di isolamento, questo è un fatto grave». Del Grande non è l’unico giornalista attualmente in stato di detenzione in Turchia. «Dopo il fallito colpo di Stato, sono finiti in carcere 120 giornalisti e vari scrittori, è cominciata una vera e propria caccia alle streghe con l’arresto di magistrati, militari, insegnanti, avvocati, universitari. Sono state chiuse quasi 400 Ong. Nel Paese il diritto alla libertà d’espressione è sotto attacco. E dopo il referendum costituzionale di domenica scorsa, la situazione si è ulteriormente aggravata con il rischio che in Turchia sia ripristinata addirittura la pena di morte». Una situazione drammatica sotto il profilo dei diritti umani, nei confronti della quale «l’Europa e l’Italia sono troppo deboli e accondiscendenti, complice anche l’accordo sui migranti», un accordo grazie al quale la Turchia trattiene molti profughi nel suo territorio. Un’accondiscendenza, quella del nostro Governo, che secondo Noury si sta registrando anche sul fronte Del Grande, su cui resta comunque fiducioso: «La Farnesina ha detto che sarà rilasciato entro mercoledì (domani ndr), ce lo auguriamo vivamente». Se però così non fosse, «allora il nostro Governo dovrà farsi sentire con più efficacia e con le dovute pressioni».