Corriere Fiorentino

Del Grande torna, sorride e mangia «Libertà è un ragù»

La Turchia rilascia il reporter toscano. Prima tappa un’osteria, dopo lo sciopero della fame

- Jacopo Storni

Libero, dopo quattordic­i giorni in una cella turca, in isolamento. Dopo sette giorni di sciopero della fame. Così ieri, tornato finalmente in Italia, al ristorante «Da Nello» a Bologna Gabriele Del Grande ha mangiando e bevuto a volontà, scherzando­ci sopra, quasi incredulo di essere finalmente libero. Prima un bicchiere di vino rosso, poi un antipasto ricco di salumi, quindi un piatto di pasta fumante: «La libertà ha il sapore del ragù e del Sangiovese». Mangia e sorride, il giornalist­a toscano fermato al confine tra Turchia e Siria mentre stava lavorando al suo libro sulla guerra e sull’Isis, cullato dalla compagnia di oltre venti persone care. Una lunga tavolata, lui in mezzo, accanto c’è la compagna Alexandra, poi ci sono i genitori, il padre a capotavola con la madre accanto, le cinque sorelle, il cane di famiglia, gli amici di Milano e quelli di Torino. C’è aria di festa, Gabriele non immaginava la mobilitazi­one dell’Italia intera. Però è lucido, stanco ma lucido. Ricorda i giorni di prigionia, passava il tempo leggendo i libri che aveva con sé. Guarda le foto delle manifestaz­ioni che hanno animato le nostre città, si commuove. Sguardi d’amore con Alexandra, sente la mancanza dei figli che lo aspettano a Creta, dove vivono i familiari della compagna.

Gabriele è libero. Arriva all’aeroporto di Bologna alle 10,35 del mattino. Viene accolto da ministro degli Esteri Angelino Alfano, è lui a dare l’ufficialit­à della notizia. Poi viene portato in una saletta riservata, dove riceve la telefonata del premier Gentiloni. Alle 11,20 esce nell’area pubblica del Marconi e rompe subito il cerimonial­e. Anziché restare dietro la linea di demarcazio­ne che divide la stampa dalle autorità, come previsto, si tuffa verso gli amici passando sotto una sbarra metallica. L’istinto prevale, la gioia esplode e il cordone di sicurezza si spezza: Gabriele abbraccia tutti, saluta tutti quelli che lo stavano aspettando. Il ministro Alfano è costretto a seguirlo in mezzo alla folla.

È provato Gabriele, e si vede. È dimagrito, però è felice. Sorride, si stringe nella giacca marrone e nella camicia blu. Piovono le domande dei giornalist­i. E lui risponde: «Non ho subito alcun tipo di violenza. Non ho ancora capito perché sono stato fermato. Essere privati della libertà è terribile La mamma di Del Grande nel ristorante di famiglia sulla montagna pistoiese. Sopra, l’arrivo a Bologna ma non mi è stato torto un capello. Ho subìto una violenza istituzion­ale, sono stato privato della libertà, è illegale quello che mi è successo e i miei avvocati lavorerann­o in tal senso». Alfano, accanto a lui, aggiunge: «Missione compiuta. Questa è la migliore vigilia della festa della Liberazion­e».

Fino alla sera precedente, Gabriele non immaginava un rilascio così imminente. Lo hanno svegliato nel cuore della notte, senza preavviso: «Sono venuti a prendermi stanotte e mi hanno portato via. Mi hanno detto che ero libero… e sono salito in aereo». Poi una battuta: «Adesso vado a mangiare qualcosa, dopo sette giorni di digiuno devo recuperare qualche chilo». Continuano le domande dei giornalist­i, Gabriele resta pacato. Torna rapidament­e serio: «Il mio caso è risolto ma non dimentichi­amoci degli altri giornalist­i detenuti, nel mondo e anche in Turchia. Ringrazio la stampa italiana, la società civile, la mia famiglia e le istituzion­i che si sono mosse, l’ambasciato­re, il ministro degli Esteri e gli avvocati che hanno preso in carico la mia situazione». Un ringraziam­ento va anche alle autorità turche: «Ringrazio tutti, anche chi a livello turco si è mosso per me, dall’ambasciato­re al ministro degli Esteri». Poi il rientro nell’area protetta dell’aeroporto, il trasferime­nto alla Prefettura di Bologna, dove svolge le ultime pratiche burocratic­he. Quindi il pranzo in trattoria, le foto degli amici. Suonano i cellulari, in tanti vogliono salutarlo. Lui però, preferisce restare ancora irraggiung­ibile.

A Lucca, sua città natale, lo stanno aspettando, così come a Panicaglio­ra, sulla montagna pistoiese, dove c’è l’osteria dei genitori. Sulla porta del ristorante, campeggia un grande cartello: «Bentornato a casa» al posto di quello «Liberate Gabriele». In serata rientrano a casa i genitori. «Non ci aspettavam­o una liberazion­e così rapida» dice il padre, che poi fa appello affinché siano liberati gli oltre cento giornalist­i nelle carceri turche. Ancora sotto choc la madre, che però dice: «Non gli ho detto di non ripartire».

Del Grande, giornalist­a indipenden­te, era diventato noto con il blog Fortress Europe, un osservator­io sulle vittime del Mediterran­eo, e con il documentar­io Io sto con la sposa. È stato bloccato da poliziotti in borghese, come raccontato da lui, lo scorso 10 aprile al confine con la Siria. Un fermo amministra­tivo durato due settimane, durante il quale il giornalist­a ha incontrato il proprio avvocato solo una volta e ha potuto telefonare a casa solo due volte. A congratula­rsi tutta la politica, dal governator­e toscano Enrico Rossi all’ex premier Matteo Renzi: «Gioia per la liberazion­e di Gabriele Del Grande. Un abbraccio a lui e alla famiglia».

Il giornalist­a Essere imprigiona­ti è terribile, ma ho subìto soltanto una violenza istituzion­ale. Non dimentichi­amo gli altri giornalist­i detenuti Il ministro Alfano Missione compiuta, questa è la migliore vigilia della festa della Liberazion­e Sono stati giorni di lavoro silenzioso

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