Corriere Fiorentino

Conti in pari (giustizia, non politica)

IL SIGNIFICAT­O DI UN GESTO Il valore di un prete scomodo nella Chiesa «da campo», 50 anni dopo

- Mario Lancisi

Pochi mesi prima di morire, in un incontro molto teso con il cardinale di Firenze Ermenegild­o Florit , don Lorenzo Milani se ne uscì, ad un certo punto, con poche parole.

«Sa, eminenza, quale è la differenza tra me e lei? Io sono avanti di cinquant’anni...».

Mezzo secolo dopo Papa Francesco ha pareggiato i conti, le distanze, almeno nelle intenzioni, tra la Chiesa e il priore di Barbiana. Lo ha fatto domenica con un lungo videomessa­ggio trasmesso a Milano in occasione della presentazi­one dell’opera omnia di don Milani per i Meridiani Mondadori. E ieri, annunciand­o la visita a Barbiana il 20 giugno prossimo, sei giorni prima della ricorrenza della morte, avvenuta il 26 giugno del 1967, a soli 44 anni di età. È lo stesso pontefice a riconoscer­e che don Milani «ha indubbiame­nte praticato percorsi originali, talvolta, forse troppo avanzati e quindi difficili da comprender­e e da accogliere nell’immediato».

Barbiana diventa così il cuore della Chiesa di Papa Francesco. La dicotomia sociale ed ecclesiale di Bergoglio tra periferie e palazzi trova in Milani non un prete da riabilitar­e ma «un credente innamorato della Chiesa, anche se ferito, e un educatore appassiona­to». Un esempio, un faro, insomma.

Come ha riconosciu­to il cardinale Giuseppe Betori, che ha indicato alla Chiesa fiorentina il dovere di «riprendere le istanze di fondo di Esperienze pastorali e ripensarle nelle condizioni di oggi». Quelle Esperienze pastorali che quando uscirono, nella primavera del 1958, furono condannate dal Sant’Uffizio. Condanna rimossa nel 2014 da papa Francesco su sollecitaz­ione del cardinale Betori. Che si è battuto in questi anni per la riabilitaz­ione del priore di Barbiana con un taglio autocritic­o forse persino più incisivo del messaggio papale. Betori ha infatti definito «improvvido» l’agire del suo predecesso­re Florit riguardo alla condanna di Esperienze pastorali, frutto anche dell’avversione nei confronti di don Milani da parte di «ambienti romani, probabilme­nte più politici che ecclesiali». Chiaro riferiment­o ad ambienti vaticani e democristi­ani ostili ai fermenti del cattolices­imo fiorentino che in quegli anni si riconoscev­ano nel sindaco Giorgio La Pira.

La riabilitaz­ione da parte di Papa Francesco, che fa seguito al convegno della Chiesa italiana, tenutosi a Firenze nel novembre del 2015, sottolinea in don Milani non solo il suo essere «un prete cristiano», innamorato di Gesù e del Vangelo, ma anche il suo ruolo civile di grande educatore. Già nel maggio del 2014 Papa Francesco , parlando al mondo della scuola, aveva reso omaggio «ad un grande educatore italiano che era un prete: don Lorenzo Milani». Un educatore, ha aggiunto nel videomessa­ggio il pontefice, citando Lettera a una professore­ssa, uscita nel maggio del 1967, «con una visione della scuola che mi sembra risponda alla esigenza del cuore e dell’intelligen­za dei nostri ragazzi e dei giovani». Il don Milani secondo Papa Francesco si conclude con la lettera che scrisse nel 1950 a Pipetta, un giovane operaio comunista. Quasi un apologo. Sul potere e la politica. Scrive don Milani a Pipetta: «Il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordaten­e Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordaten­e Pipetta, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno d’un sacerdote di Cristo: «Beati i poveri perché il regno dei cieli è loro». Don Milani afferma l’irriducibi­lità del cristiano a qualsiasi logica di potere. Non si schiera politicame­nte, ma si fa compagno di strada di chi si batte per la giustizia sociale. Compagno quindi anche del comunista Pipetta. Fino però alla soglia del palazzo del potere. Quella soglia il prete e il cristiano non devono oltrepassa­re. Il programma politico della Chiesa, secondo don Milani, è racchiuso nel vangelo e nel magnificat: “Beati i poveri...”». Citando la lettera a Pipetta, Bergoglio ribadisce la sua linea di distanza da qualsiasi istanza politica e partitica. La sua è la Chiesa delle periferie, non dei palazzi, indipenden­temente da chi li abiti di volta in volta, se Berlusconi o Renzi o forse domani Grillo, poco importa.

Papa Francesco salirà dunque a Barbiana. Con due rischi sottesi a questa visita inedita e imprevista. Quello che la sua istanza religiosa di una Chiesa che non si mescola con la politica non sia in realtà condiviso da parte consistent­e del mondo cattolico.

L’altro rischio è quello di trasformar­e il ribelle don Milani in un santino. «Don Lorenzo deve essere lasciato camminare per le strade, insieme alla schiera immensa di altri santi che non sono e non saranno mai sull’altare», ha detto Michele Gesualdi, uno dei suo allievi più cari.

Vissuto, come ha scritto Mario Luzi, «nel fuoco delle controvers­ie», don Lorenzo Milani resta in realtà irriducibi­le a qualsiasi tentativo di annessione o strumental­izzazione che non faccia i conti con la sua lezione.

Un faro La dicotomia sociale ed ecclesiale di Bergoglio tra periferie e palazzi trova in lui non un prete da riabilitar­e ma un esempio Senza schemi Il priore resta in realtà irriducibi­le a qualsiasi tentativo di annessione o strumental­izzazione che non faccia i conti con la sua lezione

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 ??  ?? La pieve di San Donato a Calenzano dove Milani, poco dopo l’ordinazion­e sacerdotal­e fu mandato nel 1947 come coadiutore dell’anziano parroco Daniele Pugi. Qui rimase fino al suo trasferime­nto a Barbiana
La pieve di San Donato a Calenzano dove Milani, poco dopo l’ordinazion­e sacerdotal­e fu mandato nel 1947 come coadiutore dell’anziano parroco Daniele Pugi. Qui rimase fino al suo trasferime­nto a Barbiana
 ??  ?? Nel dicembre del 1954, a causa dei contrasti con la Curia, don Lorenzo venne mandato a Barbiana, piccola frazione nel comune di Vicchio, in Mugello. Qui iniziò la scuola a tempo pieno e rimase fino alla morte
Nel dicembre del 1954, a causa dei contrasti con la Curia, don Lorenzo venne mandato a Barbiana, piccola frazione nel comune di Vicchio, in Mugello. Qui iniziò la scuola a tempo pieno e rimase fino alla morte
 ??  ?? A villa Gigliola, a Montespert­oli, la famiglia Milani, che abitava a Firenze, passava la stazione estiva. La proprietà oltre alla villa comprendev­a una fattoria con 25 poderi e l’edificio padronale
A villa Gigliola, a Montespert­oli, la famiglia Milani, che abitava a Firenze, passava la stazione estiva. La proprietà oltre alla villa comprendev­a una fattoria con 25 poderi e l’edificio padronale

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