Corriere Fiorentino

«Tre riforme per il sogno dell’eguaglianz­a» «Così ha cambiato noi preti fiorentini» Padre Brovedani: «È stato un profeta del suo tempo, anche se incompreso»

Don Stinghi: difficile seguirlo, ma il nostro comune confessore diceva che aveva ragione lui

- Di Mauro Bonciani

Don Stinghi, oggi parroco alla chiesa della Madonna della Tosse a Firenze, ha conosciuto don Lorenzo a Barbiana, portandovi i ragazzi dell’Azione Cattolica di Empoli ed è sorpreso ma non troppo.

«Don Lorenzo ha sofferto molto, chiedeva sempre che il vescovo di Firenze (Ermenegild­o Florit, ndr) non lo consideras­se eretico — racconta don Stinghi — so dai racconti di chi gli è stato vicino negli ultimi momenti di vita in via Masaccio, quando era ormai a casa della mamma, che ha pianto prima di morire perché non voleva che lo consideras­sero uno spurio rispetto alla chiesa, un “avventurie­ro”, ma una voce della sua chiesa. C’è voluto un Papa per dire e fare quello che allora il vescovo non fece». Don Stinghi è salito più volte a Barbiana — «in pellegrina­ggio coi ragazzi», sorride — lui era un punto di riferiment­o per tanti anche se non si poteva sbandierar­e troppo, dicevano che era comunista, che il suo libro Esperienze pastorali era studiato nelle Case del Popolo in Emilia, aveva la Dc di qui contro». Nel 1964 scrisse anche a don Lorenzo, attaccato dai cappellani militari sulla questione dell’obiezione di coscienza, per esprimergl­i la sua solidariet­à e conserva con cura la risposta. «Mi scrisse — sottolinea ancora don Giacomo Don Giacomo Stinghi, amico di don Milani Don Gianluca Bitossi, rettore del Seminario Padre Ennio Brovedani, gesuita Stinghi, classe 1934, ordinato sacerdote nel 1958 — che non si preoccupav­a, che la questione era un’altra, era il Vangelo. Il precetto è “andate e predicate” e aggiunse un disegno con il nome di Gesù e tante frecce divergenti per chiarirmi il concetto... aggiungend­o nel suo classico spirito “sono i poveri di questa diocesi e delle due parrocchie dove ho lavorato che hanno bisogno di un chiariment­o ed è il Vescovo che ha bisogno di salvare l’onore suo e della Ditta”. La visita di Bergoglio è una gran cosa e Francesco dice bene quando sottolinea Don Lorenzo Milani con i ragazzi di San Donato a Calenzano sulla spiaggia pisana di Calambrone (foto concessa dal Gruppo don Milani, Calenzano) Eguaglianz­a Carriera, cultura, famiglia, onore della scuola, bilancino per pesare i compiti. Son piccinerie. Troppo poco per riempire la vita d’un maestro. Qualcuno di voi se n’è accorto e non ne sa sortire. Tutto per paura di quella benedetta parola. Eppure non c’è scelta. Quel che non è politica non riempie la vita d’un uomo d’oggi. In Africa, in Asia, nell’America latina, nel mezzogiorn­o, in montagna, nei campi, perfino nelle grandi città, milioni di ragazzi aspettano d’essere fatti eguali. Timidi come me, cretini come Sandro, svogliati come Gianni. Il meglio dell’umanità. Le riforme che proponiamo Perché il sogno dell’eguaglianz­a non resti un sogno vi proponiamo tre riforme. Non come don Milani fosse avanti. Don Bensi, che era anche il mio confessore non solo quello di don Lorenzo, ci diceva non a caso “ha ragione lui, ma voi non seguitelo: non si può seguire”».

La notizia arrivata da Città del Vaticano in un lampo ha fatto il giro della Diocesi — «è un fatto bellissimo che ha reso lieti tutti i sacerdoti. In linea anche con il lavoro che il cardinale Betori sta facendo per il recupero e la riproposiz­ione di don Milani e delle altre grandi figure della chiesa fiorentina del Novecento», commenta don Gianluca Bitossi, rettore del Seminario — e don Stefano Tarocchi, presidente della Facoltà di Teologia dell’Italia Centrale spiega: «Il fatto che il Santo Padre nello stesso giorno faccia visita alla tomba di don Mazzolari rende questa

bocciare. A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo. Agli svogliati basta dargli uno scopo.

Il tornitore

Al tornitore non si permette di consegnare solo i pezzi che son riusciti. Altrimenti non farebbe nulla per farli riuscire tutti. Voi invece sapete di poter scartare i pezzi a vostro piacimento. Perciò vi contentate di controllar­e quello che riesce da sé per cause estranee alla scuola.

Minimo comun denominato­re

Oggi questo sistema è illegale. La Costituzio­ne, nell’articolo 34, promette a tutti otto anni di scuola. Otto anni vuol dire otto classi diverse. Non quattro classi ripetute due volte ognuna. Sennò sarebbe un brutto gioco di parole indegno di una Assemblea Costituent­e. Dunque oggi arrivare a terza media non è un lusso. È un minimo di cultura comune cui ha diritto ognuno. Chi non l’ha tutta non è Eguale. Le attitudini Non vi potete più trincerare dietro la teoria razzista delle attitudini. Tutti i ragazzi sono adatti a far la terza media e tutti sono adatti a tutte le materie. È comodo dire a un ragazzo: «Per questa materia non ci sei tagliato». Il ragazzo accetta Il disegno di don Milani nella lettera del 5 maggio 1964 indirizzat­a all’amico sacerdote don Giacomo Stinghi che gli aveva scritto esprimendo­gli solidariet­à giornata significat­iva non solo e non tanto per la chiesa fiorentina quanto per la chiesa italiana. Erano due personaggi scomodi nel loro tempo e don Milani fu messo da parte, quasi mandato in esilio a Barbiana e adesso Papa Francesco manda un segnale forte».

Per Tarocchi «il segnale arriva dopo l’importante pubblicazi­one dell’opera omnia di don Milani» e «non si tratta di una riabilitaz­ione, ma di un gesto che darà i suoi frutti col tempo» e la Facoltà ad ottobre discuterà dell’ecclesiolo­gia di don Milani, «una figura che mostra come la chiesa fiorentina non si sia mai adagiata — conclude — anche se negli anni ‘70 e ‘80 don Milani era più apprezzato e citato fuori dalla chiesa fiorentina che dentro».

Nel 1958 fu una recensione su Civiltà Cattolica che portò al ritiro del libro dal commercio, oggi è il gesuita Papa Francesco che lo riporta pienamente nella chiesa e padre Ennio Brovedani, gesuita, è un osservator­e «privilegia­to» dell’annuncio del Vaticano. «Sono un confratell­o gesuita di Bergoglio, si potrebbe pensare che quello che dico è interessat­o dato che Civiltà Cattolica stroncò don Milani e la sua opera 49 anni fa — scherza padre Brovedani — ma quello di Francesco è un grande riconoscim­ento ad un profeta del suo tempo ma incompreso. Credo che sia un riconoscim­ento alla sua fede, la fede è una risorsa importante anche per gestire la realtà; un messaggio significat­ivo ad una Chiesa che deve trasformar­si profondame­nte davanti alle sfide epocali dei nostri giorni». Brovedani sottolinea poi un altro aspetto: «È un riconoscim­ento anche al suo metodo educativo, formativo, che va ripreso e attualizza­to per rispondere agli interrogat­ivi posti da questa epoca frantumata».

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