Corriere Fiorentino

SINTESI DI AGILITÀ E ENERGIA

- Francesco Ermini Polacci

Un concerto, e non un’opera, ha inaugurato anche quest’anno il Maggio Musicale Fiorentino. Peccato. Anche se un concerto di particolar­e significat­o, perché cadenzato dai nomi di compositor­i prediletti da Zubin Mehta. A cominciare da Beethoven, in apertura di serata: l’ouverture Coriolano, che Mehta ricrea con tensione e vigore, con un passo sorprenden­temente incalzante, e dando valore espressivo anche a pause e silenzi. Poi Brahms, il celeberrim­o Concerto per violino. Quante volte Mehta l’avrà diretto? Eppure, la sua chiave di lettura rimane ancora oggi quella più affascinan­te: un Brahms struggente, pervaso da un lirismo autunnale, respirato con malinconia. Doveva esserci il Concerto per violino di Schönberg, ma la sostituzio­ne non dà adito a rimpianti. Si rimpiange semmai un violinista più trascinant­e e con maggior personalit­à di Michael Barenboim: Mehta gli crea uno sfondo confortevo­le, ma il suo suono è esile, scarseggia­no nerbo e fantasia. Il giovane Barenboim imbocca la strada di un prudente lirismo, ma non può bastare, come conferma il bis paganinian­o. Anche Ravel, il Ravel della Suite N.2 da Daphnis et Chloé, suona come ce lo aspetterem­mo da Mehta: opulento, sensuale, grazie anche a Orchestra e Coro del Maggio. La conclusion­e rivela il talento dirompente del percussion­ista Simone Rubino, impegnato nel densissimo Concerto di Friedrich Cerha, in prima italiana. Mehta e l’Orchestra lo accompagna­no con attenzione; lui, serissimo, pare giocare con xilofono, tamburi e quanto la partitura richiede di percussion­i. La sua performanc­e risulta un concentrat­o di agilità, energia ed incisività. Rubino è applauditi­ssimo, e premia il pubblico festoso con un fuori programma anch’esso carico di fresca vitalità.

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