SINTESI DI AGILITÀ E ENERGIA
Un concerto, e non un’opera, ha inaugurato anche quest’anno il Maggio Musicale Fiorentino. Peccato. Anche se un concerto di particolare significato, perché cadenzato dai nomi di compositori prediletti da Zubin Mehta. A cominciare da Beethoven, in apertura di serata: l’ouverture Coriolano, che Mehta ricrea con tensione e vigore, con un passo sorprendentemente incalzante, e dando valore espressivo anche a pause e silenzi. Poi Brahms, il celeberrimo Concerto per violino. Quante volte Mehta l’avrà diretto? Eppure, la sua chiave di lettura rimane ancora oggi quella più affascinante: un Brahms struggente, pervaso da un lirismo autunnale, respirato con malinconia. Doveva esserci il Concerto per violino di Schönberg, ma la sostituzione non dà adito a rimpianti. Si rimpiange semmai un violinista più trascinante e con maggior personalità di Michael Barenboim: Mehta gli crea uno sfondo confortevole, ma il suo suono è esile, scarseggiano nerbo e fantasia. Il giovane Barenboim imbocca la strada di un prudente lirismo, ma non può bastare, come conferma il bis paganiniano. Anche Ravel, il Ravel della Suite N.2 da Daphnis et Chloé, suona come ce lo aspetteremmo da Mehta: opulento, sensuale, grazie anche a Orchestra e Coro del Maggio. La conclusione rivela il talento dirompente del percussionista Simone Rubino, impegnato nel densissimo Concerto di Friedrich Cerha, in prima italiana. Mehta e l’Orchestra lo accompagnano con attenzione; lui, serissimo, pare giocare con xilofono, tamburi e quanto la partitura richiede di percussioni. La sua performance risulta un concentrato di agilità, energia ed incisività. Rubino è applauditissimo, e premia il pubblico festoso con un fuori programma anch’esso carico di fresca vitalità.