Tre cardinali e un prete scomodo (l’operazione don Milani, a tappe)
Piovanelli, Antonelli e poi la svolta finale con Betori. Fin dal primo colloquio con Papa Francesco
Sono passati 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani e il gesto di Papa Francesco, che andrà pellegrino in preghiera sulla tomba del priore di Barbiana il 20 giugno, arriva a suggellare anche un lungo cammino della Chiesa fiorentina, che con gli ultimi tre arcivescovi — Silvano Piovanelli, Ennio Antonelli e Giuseppe Betori — si è mossa per una migliore comprensione del vero messaggio di don Milani.
Fu con Ermenegildo Florit, un tempo coadiutore del cardinale Elia Dalla Costa (che aveva ordinato sacerdote don Milani e poi lo aveva mandato a Barbiana), che arrivò la proibizione di commercio per il libro Esperienze pastorali da parte del Sant’Uffizio. A Florit succedette nel 1977 Giovanni Benelli e alla sua morte, nel 1982, fu nominato arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli. Compagno di seminario di Milani, Piovanelli definì presto «profetica» la sua opera di sacerdote e nel 1986 andò a Barbiana per pregare sulla sua tomba. Nel 1997, alla vigilia del trentesimo anniversario della morte di don Lorenzo, Piovanelli, rispondendo al giornalista Enrico Viviano spiegò: «Era un uomo dalla fede schietta e senza fronzoli, con un grande bisogno di traduzione in concretezza di vita. Anche quando fu difficile seguirlo in tutto a causa della sua irriducibile e provocatoria originalità, almeno in me è rimasta sempre la considerazione della sua fede e l’ammirazione della sua cocciuta coerenza. Le interpretazioni riduttive e mitizzanti delle sinistre, dei contestatori, degli anticlericali, come anche le accuse e le condanne del fronte opposto non mi hanno mai velato la sua personalità». Un don Milani profetico, «per il primato del Vangelo e per l’impegno per i poveri», sottolineava Piovanelli, senza nascondere i limiti del priore: «Il primo era il temperamento, il secondo ridurre ossessivamente tutta la pastorale alla scuola, il terzo la non attenzione al Concilio Vaticano II, il silenzio sul genocidio degli ebrei e sull’ecumenismo».
Dopo Piovanelli (scomparso nel luglio dello scorso anno), alla guida della diocesi di Firenze arrivò nel 2001 Ennio Antonelli, nominato nel 2008 presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e approdato a Roma, dove oggi abita. «La notizia che Papa Francesco si recherà a Barbiana — dice Antonelli— mi fa molto piacere. Io stesso, quando ero arcivescovo a Firenze, sono salito lassù con molti sacerdoti fiorentini a celebrare la messa in occasione del quarantesimo anniversario della morte di don Milani. Purtroppo, mentre era in vita, non fu compreso da molti, sia nella Chiesa che nella società civile. Per l’originalità delle sue proposte pastorali ed educative e per la franchezza del suo linguaggio andò incontro ad aspre polemiche. Eppure non aveva la pretesa che le sue idee e i suoi metodi fossero gli unici validi. Desiderava solo che ne fosse riconosciuto il valore in un quadro di pluralismo ecclesiale e culturale». E così conclude: «Don Milani fu un sacerdote vero e grande, a servizio del Vangelo e della dignità di ogni uomo, in particolare dei poveri. Amava la Chiesa appassionatamente, nonostante le incomprensioni di non pochi ecclesiastici. Se qualcuno volesse usarlo contro la Chiesa, sarebbe egli stesso il primo a protestare e lo farebbe a modo suo, cioè con fermezza e durezza».
Con l’arrivo di Betori il «recupero» di don Milani diventa manifesto e veloce, anche sul piano «formale», con i passi fatti per liberare Esperienze pastorali da ogni divieto («Questo è stato l’argomento del mio primo colloquio con Papa Francesco, nell’autunno 2013», ha rivelato ieri il cardinale ad Avvenire). Betori aveva preparato un’attenta documentazione sul libro del priore, poi inviata a Bergoglio, che l’aveva girata alla Congregazione delle Fede, l’ex Sant’Uffizio. E dalla Congregazione nell’aprile 2014 fu spiegato al cardinale che la proibizione era in realtà una semplice direttiva dell’allora arcivescovo di Firenze, che comunque «quell’intervento era motivato da situazioni contingenti» e che non aveva «più ragione di sussistere». «Il libro torna patrimonio del cattolicesimo italiano e della Chiesa fiorentina» disse allora Betori. E lunedì, dopo l’annuncio del pellegrinaggio di Francesco a Barbiana, ha sottolineato: «Come ha detto il Santo Padre non c’è volontà di cancellare il passato, le sofferenze nel cammino di don Milani nella Chiesa fiorentina, ma di rileggerlo e di capirlo. Di pensare che ci sia nella sua esperienza pastorale qualcosa che ha da dire all’oggi».
Testimoni Lorenzo amava la Chiesa appassionatamente Se qualcuno volesse usarlo contro la Chiesa, sarebbe egli stesso il primo a protestare