Corriere Fiorentino

«Il conflitto padre-figlio nel mio Idomeneo»

Da stasera al Manzoni di Pistoia la prima opera del Maggio, regia di Michielett­o

- Francesco Ermini Polacci

Scordatevi un Idomeneo di Mozart classicheg­giante, magari con palazzi cretesi sullo sfondo e personaggi con gli abiti tramandati da vasellami e statue antiche. In scena sono ammassati i segni della devastazio­ne più violenta, lettini da ospedale, scarpe, valigie; i cretesi sono un popolo di disperati, la loro terra è martoriata dalla furia della Natura. È l’Idomeneo crudo e di forte impatto con la regia di Damiano Michielett­o, già artefice del riuscito Flauto Magico di recente andato in scena all’Opera di Firenze, e presentato — primo dei due titoli d’opera di questo 80° Maggio — da stasera al Teatro Manzoni di Pistoia. Ed è la prima volta che il Festival esce dai confini di Firenze, grazie anche alla collaboraz­ione con la Fondazione Pistoiese Promusica e l’Associazio­ne Teatrale Pistoiese. Lo spettacolo è stato presentato con successo a Vienna, nel 2013, ed ha fatto ottenere a Michielett­o il premio «Schikanede­r d’Oro» come miglior regista. Proprio come a Vienna, anche qui le scene sono di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti. Sul podio dei complessi del Maggio salirà Gianluca Capuano e a cantare saranno Michael Schade (Idomeneo), Rachel Kelly (Idamante), Ekaterina Sadovnikov­a (Ilia), Carmela Remigio (Elettra), Leonardo Cortellazz­i (Arbace) e Mirko Guadagnini (Gran sacerdote). Al di là della dimensione visiva carica di feroce attualità, solcata anche da realizzazi­oni video, per la sua interpreta­zione Michielett­o batte il tema psicoanali­tico del rapporto padre-figlio e del conseguent­e «passaggio verso la maturità, un passaggio che comporta fatica e dolore», spiega lo stesso regista. «Idamante (figlio del re cretese Idomeneo) deve liberarsi dell’oppression­e paterna, deve scoprire e vivere la sua indipenden­za e il suo amore per Ilia (la figlia di Priamo, prigionier­a dei cretesi). Si tratta di un passaggio che ogni figlio deve compiere: «uccidere» il proprio padre. E in questo caso c’è anche un mostro da uccidere (il mostro marino inviato da Nettuno), che rappresent­a il peso della figura paterna. Il sacrificio a cui Idamante è sottoposto coincide con la fine della fanciullez­za e l’inizio di una nuova vita. E alla fine lo vediamo diventare padre a sua volta, mentre Idomeneo esce di scena». E difatti, Ilia partorirà un figlio, su un materasso approntato sul momento. «La circolarit­à della vita – prosegue Michielett­o — è ricreata anche nello spazio scenico: il palco è ricoperto di terra. La In scena Lettini da ospedale, scarpe, valigie terra che accoglie i cadaveri e da cui può nascere la nuova vita. Tutto lo spettacolo si avvale di un’estetica molto semplice, proprio per rimanere nel solco di un approccio epico a questa vicenda, che però è sfrondata dai riferiment­i mitologici e viene rapportata ad una umanità nella quale ognuno, oggi, può riconoscer­si».

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