E i migranti hanno il volto di Gesù
In San Lorenzo il viaggio nel sacro degli artisti contemporanei, da Aceves a Pisano
«Seguitemi, vi farò pescatori di uomini»: Matteo 4,18-22. Versetto che l’artista messicano Gustavo Aceves interpreta con una suggestione tra l’annegamento e il lasciarsi andare all’inevitabile, con Gesù e i 12 apostoli in barca che, come migranti, quasi scompaiono, asciugati, ridotti in polvere, nel pavimento della cripta di San Lorenzo in un letto di resina e sabbia. «Non ti arrendere, ribellati» sembra rispondergli da una sala accanto un altro Cristo, questa volta a tecnica mista su carta, realizzato dal siciliano Tano Pisano con un copricapo arabo, lineamenti mediorientali e il giubbotto salvagente arancione acceso di chi sta attraversando una «passione» lunga quanto la traversata del Mediterraneo. In mezzo a loro una sorta di Giano bifronte in marmo di Carrara: da una parte il volto di Maria, dall’altra il corpo di Gesù trafitto dalla lancia di Longino. Che non è altro se non un tubo arrugginito che il cattolicissimo ancorché siriano classe 1980 Elias Naman ha scolpito a mano partendo da un blocco reso «inutilizzabile» proprio a causa della presenza del «brutto» pezzo di tubatura, che lui ha saputo rendere protagonista della crocifissione. Tre esempi, tre opere inedite. Che ci portano a una domanda: cosa significa la parola «sacro», oggi, nell’arte? Come ha declinato il tema della religione — o meglio il percorso spirituale di un individuo — l’ultima parte del Novecento tra lavori in bronzo, marmo, su tela, o addirittura in ghisa, terracotta, resina e sabbia? Un’interessante risposta a queste domande la offre la basilica di San Lorenzo dove fino al 15 giugno il gallerista di Pietrasanta e parrocchiano (di San Lorenzo) Vincenzo Nobile ha allestito insieme a monsignor Marco Viola le 105 opere
di 11 diversi artisti contemporanei che compongono la mostra Il cammino dell’uomo tra
arte e fede. Undici «spazi scenici» si dividono il Salone Donatello, uno per artista – da Ugo Guidi a Igor Mitoraj, dagli anni Settanta ai giovani oggi in attività – con un dodicesimo, che lui chiama «spazio di Giuda», che sta a metà tra tutti gli altri, confondendosi tra loro, mettendoli in dialogo. Il sagrato della basilica mostra già la strada che si andrà a percorrere scendendo poi giù nella cripta: Anatomico che cammina, scultura in bronzo di Novello Finotti, è «il manifesto» di questa mostra perché «indica il cammino, la caduta, la depressione, e infine lo sforzo di rialzarsi anelando a qualcosa di più grande, misterioso, a cui si guarda volgendo gli occhi al cielo e che io chiamo Dio ma ognuno può chiamarlo come vuole». Così spiega Nobile le 22 coppie di gambe che sembrano rileggere in chiave «di sofferenza» la celebre sequenza di rappresentazione della scimmia che si evolve nell’homo sapiens.
Troviamo il Giovanni Michelucci degli inizi e quello dei cento anni, l’ateo Lorenzo D’Andrea che dipinge angeli come nuvole, l’olandese Daphné Du Barry con la sua
Mad delen a penitente dalla prorompente sensualità, i migranti perduti di Vezio Moriconi, Bruto Pomodoro e altri ancora. Il tema del sacro è affrontato, come spiega Antonio Paolucci nel catalogo citando Papa Paolo VI, come qualcosa che «stupisce di fronte al miracolo del Vero visibile, quando si pone di fronte ai supremi interrogativi della vita, della morte, dell’altrove, quando si accosta all’immenso enigma dell’animo umano».