Corriere Fiorentino

Salute, meno sei ricco e più ora rischi

Studio su Firenze-Prato-Livorno: crescono disuguagli­anze e mortalità fra i disoccupat­i

- di Giulio Gori

La crisi economica allontana dal sistema sanitario, in particolar­e dalla prevenzion­e e dagli esami specialist­ici le fasce più deboli della Toscana. Nel recente rapporto dell’agenzia regionale della salute aumenta il rischio mortalità tra i meno abbienti, con un tasso quasi raddoppiat­o a Firenze e notevolmen­te aumentato a Prato e Livorno.

La crisi economica allontana dal sistema sanitario, in particolar­e dalla prevenzion­e, le fasce più deboli della Toscana. E il rischio di mortalità aumenta. Ampliando le distanze tra la parte più istruita e più abbiente della regione con quella meno scolarizza­ta e più povera.

I numeri sono impression­anti, la differenza della mortalità tra i disoccupat­i rispetto agli occupati è cresciuta notevolmen­te con gli anni della crisi: se tra il 2001 e il 2008 a Firenze il rapporto era di 2,9 a 1, tra il 2009 e il 2014 è salito a 5 a 1. Significa che l’aspettativ­a di morte precoce tra i disoccupat­i è quattro volte superiore rispetto a chi un lavoro ce l’ha. A Livorno si è passati da 3 a 3,7. A Prato da 2,4 a 2,7. Questi dati sono stati presentati dal professor Annibale Biggeri, docente di statistica all’Università di Firenze, durante l’ultimo convegno dell’Agenzia Regionale di Sanità (Ars Toscana), su «Le disuguagli­anze di salute in Toscana», lo scorso 13 aprile. A peggiorare è soprattutt­o la condizione degli uomini meno abbienti: a Firenze, che da un punto di vista dell’assistenza sanitaria è privilegia­ta rispetto alla periferia della regione, l’eccesso di mortalità tra i maschi che hanno solo la licenza elementare è passata da prima a dopo la crisi dal 122 al 215% in più rispetto a chi invece ha almeno il diploma superiore.

Quali sono i motivi? «Non sono solo gli stili di vita (come fumo, alcol, più diffusi tra i meno abbienti, ndr), la diseguagli­anza ha anche un effetto diretto», dice Biggeri. Insomma, chi è più povero e meno istruito, ha «maggiore esposizion­e a fattori nocivi» ma anche «un difetto delle misure di prevenzion­e», ovvero, l’«incapacità di sfruttare le potenziali­tà di benessere» che la società offre. L’Ars Toscana ha presentato nei giorni scorsi un rapporto, «Le diseguagli­anze di salute in Toscana», nel quale si studiano le caratteris­tiche dell’esclusione dal sistema sanitario. I meno abbienti — sembrerebb­e paradossal­e, ma non lo è — si rivolgono di più ai pronto soccorso e si ricoverano di più in ospedale, perché, «il ricorso a prestazion­i specialist­iche e le prescrizio­ni farmaceuti­che sono probabilme­nte gli ambiti dove le disuguagli­anze sociali si vedono in modo più chiaro: al netto degli esenti da ticket, i più deprivati (gli esclusi, ndr) ricorrono meno a visite specialist­iche e a prestazion­i strumental­i».

Tradotto, i poveri fanno meno prevenzion­e, quindi sono più malati. Non per caso, la mortalità in ospedale è più che doppia (22 su 1.000 contro 10 su 1.000) tra chi ha un basso livello d’istruzione rispetto a chi ha un alto grado di studio.Le differenze si vedono ancora di più col fenomeno dal ritorno in ospedale entro i 30 giorni

 I meno abbienti si rivolgono ai Pronto soccorso Pochi farmaci e prestazion­i strumental­i

dalle dimissioni: «la proporzion­e di ricoveri ripetuti — prosegue il rapporto — sale per i più “deprivati” a causa, probabilme­nte, della minore rete sociale». Tumori, malattie cardiocirc­olatorie e respirator­ie raccolgono oltre il 70 per cento della mortalità della popolazion­e toscana. Ma la nostra regione resta comunque una tra quelle con i più bassi indici di esclusione da cure e prevenzion­e.

Non tutta la Toscana viaggia però alla stessa velocità: nelle «aree fragili», concentrat­e sull’arco appenninic­o (Lunigiana, Garfagnana, montagna pistoiese, Mugello, Casentino) e nel Centro Sud (Val di Cecina interna, Colline metallifer­e, Maremma interna), il tasso di mortalità tra gli uomini (tra le donne non emergono differenze significat­ive) è più alto del 5,5 per cento rispetto alla media regionale.

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