«Nuovi tagli e 28 milioni, altrimenti Maggio a rischio»
La lettera del supercommissario: per salvare la Fondazione 28 milioni e costi ancora abbattuti
La politica Nardella: non c’è l’ipotesi di commissariamento Conti in utile? Consiglieri contro l’ex Bianchi
Al Maggio musicale servono 28 miloni di euro «cash», per rimpinguare il patrimonio. E ulteriori tagli dei costi (quindi del personale). Altrimenti, lo spettro del «punto e a capo» è ad un passo. Non sono bastati 5 anni di scontri, lacrime e sangue. A due giorni dal cambio di sovrintendente (via Francesco Bianchi, dentro Cristiano Chiarot) emerge la dura realtà dei numeri. Il bilancio approvato dal consiglio di indirizzo tre giorni fa è sì in utile, grazie a due partite straordinarie (debiti stralciati per 6 milioni e una «rottamazione» di cartelle esattoriali da 1,5 milioni), ma giovedì scorso il «supercommissario» del governo per le fondazioni, Gianluca Sole, ha «sollecitato» l’aggiornamento al piano triennale «salva Maggio» da realizzare in base alla legge Bray-Franceschini. Ripetendo quello che aveva scritto il 20 gennaio scorso: per salvarsi, per il riequilibrio «finanziario e patrimoniale», i soci (Regione, Comune e Stato, ma possono entrare altri, anche privati) devono trovare subito 10 milioni di euro, altri 18 nel medio-lungo periodo. Servono «accordi transattivi» con i debitori, soprattutto usando la «rottamazione» delle cartelle per i debito con l’erario (che Bianchi ha anticipato già il 30 dicembre scorso). Ma anche «ridurre le varie voci di costo», per «produrre un Ebidta (gli utili prima delle tasse ndr) ed un risultato netto superiore alle ultime previsioni già a partire dal 2017». Solo che il 63% delle «voci di costo» riguardano il personale: impossibile ridurre senza passare dal personale. Se non si rispettano le condizioni della Bray-Franceschini, si torna al commissariamento, come quello di Bianchi del 2012, ma è possibile anche la liquidazione coatta, il «fallimento» della fondazione. Che è quello che, peraltro, paventa lo stesso Bianchi nel bilancio approvato: se non ci sarà «supporto dei soci», si legge, «si aprono scenari non esattamente valutabili». Un salto nel buio ed una doccia fredda per il futuro sovrintendente. Ma anche un problema per i soci: Regione e Comune, che non hanno queste cifre. Mi i problemi non finisco qua.
Vedere ieri le pagine di pubblicità in cui campeggiava la frase «Bilancio in utile», comprate dal sovrintendente uscente, ha fatto andare su tutte le furie i membri del consiglio di indirizzo (Enzo Cheli, Vittoria Franco, il vicepresidente Mauro Campus, Micaela le Divelec Lemmi) che si sono scambiati messaggi anche per la lettera del «supercommissario», finita su Il Sole 24 ore, che ipotizza il commissariamento. Il presidente della fondazione, il sindaco Dario Nardella e la vicepresidente Monica Barni si sono subito affrettati a calmare le acque: «Non vi è alcun rischio di commissariamento», «c’è l’impegno del ministro Franceschini» afferma Nardella. Più cauta Barni: «La Regione continuerà» a «rafforzarne e rilanciare il ruolo» del Maggio, anche se compatibilmente «con il bilancio regionale». Il punto è che con 63 milioni di euro di debiti e un patrimonio più che azzerato, persino gli utili previsti da Bianchi (ma pare contestati da Sole) non riusciranno mai a ripagare il debito. E anche l’utile deriva solo da «operazioni straordinarie e non ripetibili», attacca la Fials. «Ancora una volta la gestione Bianchi si distingue per l’ennesimo tentativo di far sembrare oro anche la latta e trasformare in mirabolante un consuntivo fallimentare» attacca Enrico Sciarra, che chiede a Chiarot di «scongiurare il fallimento della Fondazione e la definitiva chiusura del Teatro entro il prossimo dicembre 2018». Ma sullo sfondo restano altri problemi: non sono mai stati raggiunti i veri obbiettivi proposti da Bianchi di raccolta da privati, la «produttività marginale» del Maggio resta tra le più basse d’Italia (lo scrive sempre Sole) anche per gli scarsi ricavi da biglietti (persino per il «Don Carlo»: ieri, per 2 date su 4, c’era mezza platea vuota). E questo nonostante l’aver cancellato Maggio Danza, operato in più e diverse fasi licenziamenti (spesso però reintregrati dai giudici). Dei 63 milioni di debiti , 33 sono un fondo rotativo da restituire lentamente: ma per gli altri, tra i 6 che restano ai fornitori (artisti ed altro) e quelli da rateizzare all’erario, c’è il rischio che il 2017 sarà un anno da inferno, per la liquidità del Maggio.