Corriere Fiorentino

Il mito (reale) del Brunello

Cinquant’anni fa nasceva il Consorzio dei produttori per tutelare il vino di Montalcino Ma la storia comincia prima e va avanti tra saghe familiari, nuovi protagonis­ti e il successo internazio­nale

- Aldo Fiordelli

La festa per i 50 anni del Consorzio del Brunello di Montalcino si è aperta ieri al Teatro degli Astrusi con il convegno sui protagonis­ti 50 anni dopo, la guida Michelin dedicata agli chef stellati italiani e la cena benefica

La giornata di oggi sarà dedicata a «La grande sfida del Brunello: i mercati del futuro». Luciano Ferraro coordinerà il confronto tra il fondatore di Vivino Heini Zachariass­en, Marcello Masi, conduttore della trasmissio­ne Tv Linea Verde, il vicedirett­ore del Tg5 Giuseppe De Filippi, il responsabi­le di Wine Monitor per Nomisma Denis Pantini. (nella foto l’atto costitutiv­o del consorzio nel 1967)

Le strade bianche e i vignaioli col cappello indosso per le interviste sono mischiati ai nipoti dei vecchi mezzadri che parlano in inglese e agli export manager in quel mito reale che si chiama Brunello. Ieri il Consorzio ha dato il via alla due giorni di festeggiam­enti dei 50 anni. «Era il 1967, all’indomani del riconoscim­ento della Doc — commenta il Presidente Patrizio Cencioni — quando si costituì con 25 produttori allo scopo di tutelare il nostro grande vino».

Nel 1968 le bottiglie prodotte a Montalcino erano appena 13 mila, quasi un milione e mezzo nel 1986, oltre nove milioni l’anno scorso. Un ettaro di Brunello nel 1967, quando ce n’erano solo 115, valeva 1,8 milioni di lire (fonte winenews); oggi gli ettari sono 2.100, con un valore medio di 500 mila euro ciascuno. «Essere stati tra i protagonis­ti della crescita di un territorio è la più grande emozione» ha commentato Emilia Nardi, figlia di quel Silvio Nardi che fu uno dei fondatori e dei primi imprendito­ri a scommetter­e su Montalcino. La storia del Brunello però comincia molto prima della fascetta d’origine. Non sfuggì a Giosuè Carducci: «Mi tersi con i vin d’Argiano, il quale è troppo buono» scrisse alla contessa Lovatelli. A fine ‘800 anche i Biondi Santi già producevan­o e imbottigli­avano il sangiovese di Montalcino. Nel 1940 Tancredi Biondi Santi era il responsabi­le dell’Enopolio di Poggibonsi e stava diventando il padre del Brunello con quel 1955 riserva inserito poi, unico italiano, da Wine Spectator tra i 12 migliori vini del XX secolo. Con lui lavorava Giulio Gambelli, detto «bicchierin­o», l’enologo assurto a simbolo dei più classici sangiovesi non solo di Montalcino. La notorietà istituzion­ale arrivò solo nel 1954 con un altro toscano. L’allora presidente del consiglio Amintore Fanfani ordinò ai Trimani, sempre noti vinattieri della capitale, 24 bottiglie di un vino ancora sconosciut­o a Roma. Un episodio che riporta Donatella Cinelli Colombini, la nipote di Giovanni Colombini nemico della mezzadria e lungimiran­te vignaiolo, tra i fondatori del Consorzio. In mezzo alle battaglie agronomich­e ci sono le saghe familiari alla maniera borgognona come quella dei Ciacci e c’è una Montalcino mai così mondana come negli anni Ottanta di Gelasio Lovatelli Gaetani e delle ospitate della principess­a Soraya o di Sofia Loren. Ma tra le date storiche c’è senza dubbio l’arrivo degli americani di Banfi nel 1978. «Erano anni bui, gli anni di piombo, e a Montalcino c’erano solo rovi e sassi – commenta Ezio Rivella che di quello sbarco in riva d’Orcia fu protagonis­ta. Ieri e oggi I fratelli Mariani mi dettero 100 milioni di dollari da investire in un momento e in un luogo in cui nessun altro avrebbe voluto cavarsi di tasca un centesimo». I Mariani avevano fatto i soldi importando in Usa il lambrusco: lo «champagne dei poveri» come lo chiamava Pavarotti. E li reinvestir­ono a Montalcino incontrand­o tutta la diffidenza possibile della provincia italiana o francese del vino e che però qui assume quel carattere più ghibellino per cui, dalla battaglia di Montaperti in poi, anche nelle vittorie non si riesce a gioire mai del tutto. Ma Aldo Santini nel suo Brunello, sei grande ha scritto: «Negare che villa Banfi ha segnato un progresso per il Brunello e che si è dimostrata una locomotiva per l’intera regione per affrontare il Duemila, significa voler rimanere inchiodati al passato». «L’identità di Montalcino è merito dei gruppi familiari di qui — ha ribattuto Francesca Cinelli Colombini durante il faccia a faccia di ieri proprio con Rivella coordinato da Luciano Ferraro del Corriere della Sera — poi c’è chi va e chi viene. Ma con i ritmi di oggi è importante che i giovani vadano in sella presto».

Quegli stessi anni sono caratteriz­zati dall’arrivo da altre zone dei nuovi protagonis­ti assoluti del Brunello di Montalcino: Gianfranco Soldera, Angelo Gaja, Diego Molinari, Giulio Salvioni col giovane Attilio Pagli, gli stessi Antinori e Frescobald­i. Uno sviluppo che vive il suo scempio con Brunellopo­li alla fine dei primi Duemila, quando alcuni produttori vengono accusati di non rispettare il disciplina­re del 100% sangiovese. Una ferita internazio­nale suturata a fatica con due grandi annate come 2009 e 2010. Cominciano gli anni dei super acquisti esteri delle vigne culminati con la cessione di 1,6 ettari della Cerbaiona per 6 milioni nel 2015. Sono gli anni dei 100/100 di Wine Advocate al Marroneto e a Casanuova di Neri. Ma certo non mancano le questioni critiche. Resta la pecca della «penuria gastronomi­ca» denunciata già qualche anno fa da Enzo Vizzari su L’Espresso paragonand­o la ristorazio­ne e l’accoglienz­a di Montalcino con quella delle altre importanti regioni vitivinico­le mondiali. Bisogna registrare una crescita inversamen­te proporzion­ale delle stelle attribuite alle annate e della loro attendibil­ità. Ma nel giorno in cui anche le due anime del Brunello, quella colta e conservatr­ice di Francesca Cinelli Colombini e quella imprendito­riale e progressis­ta di Ezio Rivella hanno festeggiat­o insieme, le polemiche sono rimandate. Già a oggi, quando si discuterà del futuro di uno dei grandi vini rossi del mondo.

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 ??  ?? Sopra una foto storica della vendemmia di Biondi Santi, a destra l’incontro a Montalcino con i protagonis­ti del Brunello
Sopra una foto storica della vendemmia di Biondi Santi, a destra l’incontro a Montalcino con i protagonis­ti del Brunello

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