PASSA DA CASCINA IL CONFINE DELLA LEGA LEPENISTA E DELUSA
ha firmato per la (ri)candidatura di Salvini alla guida della Lega (questo fine settimana ci sono le primarie): «Senza di lui in Toscana saremmo ancora allo zerovirgola. In Toscana non vogliamo più soltanto partecipare, vogliamo vincere!», ha detto la sindaca.
Viene però da chiedersi se sia davvero possibile la costruzione di un Front National in Italia. È insomma ipotizzabile un movimento del genere qui da noi? «Nelle stesse proporzioni elettorali, no. Con un identico profilo, è difficile immaginarlo — mi dice il politologo Marco Tarchi — perché il Front National è il prodotto di un’evoluzione specifica durata un abbondante quarantennio (e in cui, non dispiaccia ai molti incompetenti che ne parlano e ne scrivono, fascismo e neofascismo non hanno avuto alcuno spazio almeno fin dall’estate del 1973, quando il Fn si separò dal gruppuscolo Ordre Nouveau, che aveva sperato di servirsene come facciata legittimante) che non ha paralleli in Italia. Forse a suo tempo avrebbe potuto andare nella stessa direzione il Msi, che scelse invece di scartare la carta populista e di annacquarsi in una sorta di conservatorismo liberal-nazionale. Tutto ciò premesso, il modello-Front National sta fornendo evidenti spunti imitativi sia alla Lega Nord che a Fratelli d’Italia, e può essere (limitatamente) utile ad entrambi».
Le parole di Maroni non stupiscono il professore: «Si tratta del solito classico caso in cui si cerca di sfruttare un’occasione a portata di mano per screditare un avversario, in questo caso interno. In sé, il paragone di Maroni non ha la benché minima fondatezza, perché l’ipotesi di dover giungere al governo attraverso un ballottaggio tra singoli candidati in una competizione a doppio turno è, in Italia, inesistente. E, comunque, se la linea politica “lepenista” di Salvini dovesse sortire i risultati dell’originale francese, con il 28 per cento ottenuto nel complesso del territorio nazionale dal Fn alle regionali di fine 2015, ci si troverebbe di fronte a un successo stratosferico (del tutto improbabile). Maroni ha in vista, per la Lega, un futuro da partner minoritario di una coalizione di centrodestra, sperando soprattutto di consolidare così il suo ruolo in Lombardia. È bassa cucina politicante: proprio quello contro cui la Lega da trent’anni e passa dichiara di combattere».
Adesso però appare difficile che Salvini abbia la forza di egemonizzare tutto il centrodestra. Alla fine non rischia di doversi accontentare di un’alleanza con Berlusconi? «Se lo facesse, a mio avviso commetterebbe un errore irrimediabile», dice Tarchi. «L’elettorato potenziale — e in parte quello attuale previsto dai sondaggi e sperimentato alle scorse regionali — della Lega travalica la linea divisoria sinistra/destra e diffida di un personaggio decotto e discusso come Berlusconi. A Salvini conviene, in questa fase, molto più la competizione con Forza Italia che un accordo che la costringerebbe a rinunciare ad alcuni degli elementi caratterizzanti del suo programma e della sua immagine».
A Milano, in fondo, è andata proprio così: Salvini in campagna elettorale si era eclissato per lasciare campo libero a Stefano Parisi, che non ha mai gradito toni e temi del populismo leghista. Un bis a livello nazionale potrebbe costare molto alla Lega salviniana.
Secondo Maroni il modello Front National va abbandonato ma molti leghisti come il sindaco Ceccardi stanno con Salvini